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Le emissioni di CO2 in Cina potrebbero aver raggiunto il picco nel 2023, dice una nuova ricerca

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La Cina potrebbe aver raggiunto il picco di emissioni di CO2 lo scorso anno e potrebbe essere arrivata al momento in cui finalmente l’economia inizierà a crescere senza far crescere di pari passo la quantità di gas serra che emette nell’atmosfera. Questa è la conclusione della nuova ricerca del Centre for Research on Energy and Clean Air, ed è supportata in parte dai dati che fino a questo momento sono stati pubblicati dalle istituzioni cinesi nel 2024. A marzo, ad esempio, si è registrato il primo calo su base annua di emissioni inquinanti in Cina: prima era successo soltanto durante la pandemia, per una questione di limitazioni all’attività di cittadini e imprese. Questa volta è il risultato delle mosse che Pechino sta facendo verso un futuro più sostenibile, anche economicamente.

La scarsità di petrolio e gas naturale in Cina ha fatto sì che nel corso degli anni il governo abbia puntato molto sull’espansione del settore delle rinnovabili e dei veicoli elettrici. Anche se attualmente l’economia cinese è ancora fortemente dipendente dal carbone, il ritmo a cui il paese continua a installare nuovi stabilimenti per la produzione di energia eolica e fotovoltaica è superiore di un ordine di grandezza rispetto a quello europeo e statunitense. Per una questione di dimensioni, popolazione e ritmo di crescita economica, la transizione energetica in Cina è un’operazione mastodontica che richiederà ancora molti anni; il 2024, però, potrebbe essere un anno storico nel cammino verso il net zero.

L’appiattimento della crescita demografica cinese sta aiutando la transizione energetica

Calo piccolo ma significativo

A marzo, le emissioni cinesi di CO2 sono diminuite del 3% rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Questo è anche l’effetto della siccità dello scorso anno, che ha portato il governo a riattivare una serie di centrali a carbone per sopperire alla mancanza di energia idroelettrica; di conseguenza, anche il solo clima avrebbe potuto portare un calo delle emissioni nel 2024. Detto questo, l’analisi condotta dal Center for Research on Energy and Clean Air mostra che il fenomeno è più complesso e potrebbe durare nel tempo. La riduzione della dipendenza dai combustibili fossili, fortemente voluta da Xi Jinping, sta portando il paese a installare ogni anno più capacità di produzione di energia rinnovabile di quanta ne venga installata in Europa e negli Stati Uniti messi insieme.

Va anche segnalato che la crisi immobiliare cinese ha portato a un calo importante nell’attività di costruzione, che a causa dell’inquinamento prodotto dalle industrie pesanti -soprattutto acciaio, vetro e cemento- è una delle filiere meno sostenibili in assoluto con le tecnologie disponibili oggi. La produzione di acciaio in Cina è diminuita del 8% su base annua nel Q1 2024 e quella di acciaio addirittura del 22%. In ogni caso la previsione è che il boom edilizio cinese sia effettivamente finito, e non che stia attraversando solo una fase di declino prima di riprendere come un tempo. Il paese non sta più crescendo demograficamente e questo fa sì che anche la domanda di nuovi immobili tenderà ad appiattirsi nel corso del tempo.

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Rinnovabili al passo con la crescita della domanda

Una delle chiavi della transizione energetica cinese è legata ai grandi progetti solari ed eolici, che ultimamente sono stati favoriti rispetto alle dighe e all’energia idroelettrica. I dati della nuova ricerca mostrano come oltre il 90% della domanda aggiuntiva di energia nel 2024 sia stato coperto proprio da fonti rinnovabili. Anche se il paese non sta più crescendo demograficamente, centinaia di migliaia di persone continuano ogni anno a uscire dalla povertà in Cina: come sempre, il maggior benessere è accompagnato da una maggior domanda di energia. Per la prima volta, però, sembra che il ritmo di crescita della produzione di energia rinnovabile sia totalmente in grado di compensare questo effetto.

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