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L’estate del 2023 è stata la più calda almeno negli ultimi 2.000 anni, dice un nuovo studio

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Un nuovo studio condotto sugli anelli degli alberi mostra che la scorsa estate è stata la più calda degli ultimi 2.000 anni, un risultato che racconta molto bene quanto evidente sia l’impatto del cambiamento climatico sul mondo in cui viviamo. Lo studio ha utilizzato un metodo per la misurazione delle ondate di calore che a livello scientifico è considerato molto affidabile; fino a questo momento si sapeva già che lo scorso anno fosse il più caldo mai documentato, ma delle registrazioni affidabili sulla temperatura del mondo sono disponibili soltanto sugli ultimi 170 anni. Andare a ritroso con studi biologici aiuta a comprendere quanto effettivamente anomala sia stata la scorsa estate.

L’estate scorsa è stata segnata da un fenomeno naturale chiamato El Niño, che si presenta ogni 7-10 anni. Durante i periodi di El Niño, le acque superficiali del Pacifico si scaldano di 0,5-2,5 °C, causando un cambiamento a cascata nel clima di tutto il mondo. Per questo si è sentito molto dire che il caldo record fosse dovuto a un fenomeno “totalmente naturale”, ma i dati del nuovo studio pubblicato su Nature mostrano che nessuna delle estati precedenti segnate dallo stesso fenomeno hanno mai portato a un riscaldamento equivalente del clima del mondo.

I roghi spontanei causati dall’estremo calore hanno colpito duramente l’Italia e molti altri paesi durante l’estate scorsa

I dati conservati dai tronchi degli alberi

Esistono diversi modi per mappare la temperatura del mondo prima che questa fosse effettivamente registrata nei database moderni. Ci sono metodi basati sui carotaggi nel ghiaccio, sullo studio della geologia e altri metodi ancora, con i quali è possibile ricostruire a ritroso l’evoluzione delle temperature addirittura per decine di migliaia di anni. Questi metodi, però, non riescono a esprimere la differenza tra le stagioni all’interno di uno stesso anno. I cerchi nei tronchi degli alberi sono invece capaci di mostrare in modo molto chiaro le variazioni di temperatura tra estate e inverno, aiutando a tracciare l’andamento stagionale del clima.

Fino a questo momento si considerava che l’estate più calda degli ultimi 2.000 anni fosse quella del 246 d.C., in un momento in cui il cambiamento climatico era ancora sconosciuto e i Romani stavano combattendo l’avanzata dei Germani. I dati del nuovo studio pubblicato su Nature, però, mostrano che l’estate del 2023 è stata almeno 2,1 °C più calda rispetto a quella del 246 d.C.. Per assicurarsi che i dati fossero effettivamente rappresentativi di tutto il mondo, gli esperti hanno utilizzato migliaia di rilevazioni sugli alberi presi da 15 posti diversi nel mondo. Per quanto riguarda l’emisfero Nord ci sono dati sufficienti per dire che l’estate del 2023 sia stata la più calda degli ultimi 2000 anni, mentre per quanto riguarda l’emisfero Sud lo si “presume” ma i dati non sono sufficienti a dare una risposta definitiva.

In Europa, El Niño ha portato soprattutto a periodi estesi di siccità

Difficile rinnegare l’effetto del cambiamento climatico

Gli studiosi che hanno condotto la ricerca ritengono che l’anomalia dell’estate 2023 sia una dimostrazione pratica del fatto che il cambiamento climatico sta amplificando gli effetti di El Niño. Anche se questo è un fenomeno di cui esiste traccia da secoli, fin da quando i primi pescatori peruviani si erano accorti di questo riscaldamento notevole delle acque locali, il riscaldamento globale lo sta rendendo sia più forte che più duraturo negli anni in cui si manifesta. Uno dei leader della ricerca si definisce “molto preoccupato” e prevede che nel corso dei prossimi 10-15 anni si verifichi un’ulteriore intensificazione della forza con cui questi eventi si presentano. Considerando anche le esternalità importanti generate da El Niño lo scorso anno, che oggi portano a una quasi totale mancanza di alcune materie prime agricole come cacao, arance e olive a causa della siccità in alcuni luoghi e delle inondazioni in altri, la cosa non può essere sottovalutata.

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