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L’inflazione USA sorprende i mercati: il nuovo dato sul PCE è più incoraggiante di quello europeo
Oggi è stata la giornata più intensa della settimana sul calendario economico, con due dati estremamente attesi entrambi legati all’inflazione: il tasso CPI dell’Eurozona, che misura direttamente il tasso d’inflazione, e l’indice PCE negli Stati Uniti che invece è una misura alternativa al classico CPI. Negli ultimi due anni, la Federal Reserve ha dato una particolare importanza al PCE e ha fatto di questo indice un elemento importante delle sue scelte sulla politica monetaria. I dati hanno anche portato a una sorpresa notevole: per la prima volta dopo oltre un anno, i segnali provenienti dall’economia americana sono più incoraggianti rispetto a quelli europei.
Lungo tutto il corso dell’ultimo trimestre del 2023 e del 2024 fino a questo momento, sembrava che le cose fossero molto diverse. L’inflazione europea ha continuato a scendere in modo graduale e continuo per tutto il tempo, mentre quella americana si è dimostrata decisamente più complicata da calmierare. Anche per questo motivo i mercati si aspettavano che la BCE cominciasse una politica di tagli ai tassi piuttosto marcata, mentre negli Stati Uniti attualmente la previsione di Wall Street è che arrivino al massimo due tagli da 25 punti base entro la fine dell’anno. Dopo i dati di oggi, però, è molto probabile che gli analisti istituzionali cominceranno a rivedere le loro previsioni.
Arriva il sorpasso da parte degli USA
Nella corsa al ribasso sul tasso d’inflazione, arriva a sorpresa una piccola vittoria statunitense. Il dato sull’indice PCE di oggi mostra che la pressione sui prezzi è rimasta fissa al 2,7% annuo, mentre il core PCE scende al 2,6% su base annua. Su base mensile non si segnala dunque nessun cambiamento rispetto ad aprile, ed è un dato particolarmente importante una volta che si considera il trend degli ultimi mesi: l’inflazione europea per quasi un intero semestre ha continuato a calare a un ritmo molto superiore rispetto a quella americana. In compenso gli Stati Uniti hanno continuato ad avere un tasso di crescita economica significativamente superiore a quello europeo: la rilevazione di oggi mostra come la crescita americana non sia un limite alla discesa dei prezzi e come lo stallo dell’economia europea non sia sufficiente a causarla.
Rialzo a sorpresa dell’inflazione UE
Il tasso d’inflazione europeo annuo sale al 2,6% a maggio, crescendo dello 0,1% rispetto al mese precedente. Il tasso core CPI, che invece misura il tasso d’inflazione con un paniere che esclude i generi alimentari e il prezzo dei beni energetici, sale al 2,9% segnando un aumento dello 0,2% rispetto ad aprile. Questo significa che l’inflazione europea ha iniziato a muoversi in un modo diverso, passando da un focus molto forte sul gas naturale e sui beni alimentari -il tema costante del 2022- a un trend che riguarda i salari, i servizi e aree dell’economia che prima sembravano non essersi adattate alla crescita dei prezzi. I servizi sono proprio la categoria che vede il balzo dei prezzi più significativo, con un tasso d’inflazione superiore al 4%.
Teoricamente la Banca Centrale Europea si sta preparando al suo primo taglio dei tassi di questo ciclo economico, che dovrebbe arrivare la prossima settimana. Tutto sembra pronto per questa mossa, con i membri del comitato sulla politica monetaria che continuano ad appoggiare un taglio, ma indubbiamente cominceranno dei dialoghi serrati per capire quanto probabile sia un fenomeno di re-inflazione nel corso del resto dell’anno. Il paese che mostra il tasso d’inflazione più alto è il Belgio (4,9%), seguito dalla Croazia (4,2%) e dal Portogallo (3,9%). L’inflazione italiana è invece allo 0,8% su base annua, la seconda più bassa d’Europa dopo la Finlandia (0,5%).