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L’UE importa grandi quantità di biodiesel dalla Cina. Per Francia e Germania, si tratta di una frode
Lo scorso anno, 11 impianti per la produzione di biodiesel in Europa hanno fermato le loro attività e altri 10 hanno fortemente ridotto i livelli produttivi: è il risultato di un aumento estremamente forte delle importazioni di biocombustibili dalla Cina, ancora una volta a prezzi decisamente più bassi rispetto a quelli che possono offrire i fornitori europei. E ancora una volta sono nati dei fortissimi sospetti riguardo al fatto che la concorrenza cinese non stia riuscendo a praticare questi prezzi per via della sua maggior efficienza o del livello tecnologico più alto, ma eludendo le regole che determinano come questi biocombustibili debbano essere prodotti.
A dare l’allarme sono Germania e Francia, i due paesi europei che hanno avuto di più da perdere da questa intera vicenda. Si tratta di una situazione molto simile a quella che quest’anno si è già verificata con le turbine eoliche e con i pannelli solari, ma in quel caso la Commissione Europea è stata molto veloce nell’aprire un’investigazione formale. Questa volta, invece, le due più grandi economie europee stanno portando le proprie rimostranze a Bruxelles ma la risposta sembra essere ancora molto cauta. Si parla di un mercato da miliardi di euro, dal momento che già oggi le normative europee prevedono l’obbligo di mantenere una certa percentuale di biocombustibili nella benzina e nel diesel. La percentuale è anche destinata ad aumentare nei prossimi anni.
Le accuse di Francia e Germania all’import cinese
L’Unione Europea ha delle regole molto severe quando si parla di biocombustibili. Una delle più importanti è sulla provenienza: devono essere prodotti a partire da olii esausti o da biomasse di scarto, non dalla coltivazione diretta della colza, dell’olio di palma o di altre piante. Questa regola serve a garantire che la produzione di biocombustibili non incentivi la deforestazione o le colture specifiche per questo tipo di prodotti, altrimenti si rischierebbe che le emissioni legate alla produzione di biocombustibili fossero maggiori dell’impatto ambientale della benzina e del diesel tradizionali.
Al tempo stesso, produrre biocombustibili da olii vergini è decisamente meno costoso. L’accusa che Francia e Germania rivolgono alle importazioni cinesi è proprio questa: quella di star tagliando i costi attraverso l’impego di olii vietati, sfruttando il fatto che una volta trasformati in biocombustibili diventa molto difficile risalire alla loro origine. Anche negli Stati Uniti di recente è stata riportata quantomeno una partita di biocombustibile proveniente dalla Cina con lo stesso problema, a dimostrazione del fatto che le lamentele dei paesi europei non sono isolate.
La Commissione Europea temporeggia
La Commissione Europea non ha voluto fornire dichiarazioni in merito al tema, temporeggiando ancora una volta dopo che lo scorso anno le istituzioni tedesche avevano già fatto presente i sospetti di concorrenza sleale dei biocombustibili cinesi. Era infatti giugno 2023 quando FEDIOL, la più grande associazione europea sui combustibili di origine vegetale, aveva riportato un repentino aumento del 30% nelle importazioni di biocombustibile cinese nell’Unione Europea. I numeri avevano sollevato diverse domande già al tempo e sono peggiorati nei mesi successivi, portando ora anche la Francia a unirsi al coro delle lamentele. Nel frattempo la quotazione del biocarburante è scesa molto sulle piazze europee, contribuendo a un tanto desiderato calo del prezzo della benzina: in un momento in cui le elezioni europee sono molto vicine, è politicamente difficile sanzionare delle importazioni che stanno calmierando i prezzi pagati alle pompe di benzina dai consumatori.