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L’UE investiga due colossi dei pannelli solari cinesi. Macron: “comprateli in Francia”

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L’Unione Europea continua il suo percorso per la difesa dei produttori locali di pannelli fotovoltaici, in un contesto in cui ancora oltre il 90% dei pannelli installati in Europa viene importato dalla Cina. La Commissione Europea ha lanciato un’investigazione su due colossi della produzione di pannelli cinesi: Longi e Shangai Electric, entrambe imprese controllate direttamente dal governo cinese che si trovano tra le dieci produttrici più grandi al mondo di questi prodotti. Ancora una volta, al centro di questa investigazione ci sono i sussidi ricevuti dai produttori cinesi; l’UE afferma che ci siano prove concrete per dimostrare che le imprese cinesi abbiano un vantaggio sleale grazie ai fondi che ricevono da Pechino, rendendole in grado di vendere a prezzi che nessun produttore europeo può rivaleggiare.

L’UE ha recentemente approvato una nuova regolamentazione per difendere i produttori europei, mettendo un primo freno alle importazioni. Tanto per cominciare, è stato fissato un limite a quanto economici possano essere i prezzi; in secondo luogo è stato fissato un minimo del 30% di pannelli prodotti in Europa che dovranno essere utilizzati in tutti i contratti pubblici. L’obiettivo è difendere soprattutto i grandi produttori tedeschi, che nei primi anni 2000 erano considerati tra i più competitivi al mondo e che oggi operano a ranghi decimati rispetto ai loro anni migliori.

In Europa ci sono oltre 150 aziende direttamente coinvolte nella produzione di pannelli fotovoltaici

Altre due imprese cinesi nel mirino dell’UE

L’investigazione ha origine dall’asta pubblica per l’appalto di un grande centro per la produzione di energia solare in Romania. Shangai Electric e Longi hanno presentato delle offerte con costi molto inferiori a quelli dei rivali europei, destando sospetti. Di conseguenza sono seguite le prime verifiche, dalle quali sono emerse delle “prove concrete” -ancora non menzionate dalla Commissione Europea- di concorrenza sleale. L’UE accusa la Cina di stare utilizzando una tecnica chiamata dumping, anche nel mercato delle auto elettriche e in quello del biodiesel. Essenzialmente il dumping si verifica quando i produttori di un paese riescono a vendere a prezzi molto al di sotto di quelli di mercato, ma solo grazie agli incentivi che ricevono. Nel lungo termine si soffoca la concorrenza e poi, quando ci si è garantiti il dominio del mercato, si possono alzare i prezzi.

Il commissario europeo Thierry Breton non ha avuto problemi a definire i pannelli solari una “questione strategica” per l’Unione Europea, essenzialmente facendo riferimento alle stesse questioni di sicurezza nazionale con cui molte volte gli Stati Uniti hanno arginato le importazioni dalla Cina. Longi nel frattempo sta anche attraversando un periodo molto difficile proprio a causa delle sanzioni già introdotte dagli USA, al punto che la società sta facendo licenziamenti di massa proprio in queste settimane. Attualmente Longi non può importare né componenti né pannelli completi negli Stati Uniti, che hanno già messo freno alle importazioni di pannelli cinesi con l’Inflation Reduction Act.

I produttori americani di pannelli solari ricevono sia incentivi diretti sulla produzione che finanziamenti per i nuovi stabilimenti

La Cina non fa un passo indietro

Il primo ministro cinese Li Qiang, appena il mese scorso, ha rimarcato che il governo concentrerà i suoi sforzi sull’aumento delle esportazioni del “nuovo trio“: pannelli solari, batterie al litio e veicoli elettrici. Nel frattempo il governo cinese ha anche aperto un’investigazione analoga sulle importazioni di alcune bevande alcoliche dall’Unione Europea, minacciando di rispondere alle barriere con altre barriere. L’UE finanzia con i sostegni all’agricoltura anche la produzione di vino e bevande alcoliche, per cui il governo cinese potrebbe dichiarare di essere oggetto dello stesso trattamento in questa industria. In ogni caso l’UE importa dalla Cina ben più di quanto esporta, per cui non c’è modo in cui possa uscire peggio da una possibile guerra sui dazi. Non sembra comunque necessario dover arrivare a tanto: più che un calo netto delle relazioni commerciali con la Cina, ciò che l’UE sta cercando è un argine contro le pratiche che possano artificialmente alterare il mercato.

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