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Lululemon chiude un centro di distribuzione e licenzia: problemi legati al calo della domanda

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Una delle più grandi storie di successo nel mondo dell’abbigliamento sportivo dell’ultimo decennio sta cominciando a mostrare sfumature di declino. Lululemon, il brand che ha conquistato il mondo per i suoi capi da yoga e da palestra destinati soprattutto a un pubblico femminile, ha appena annunciato di voler licenziare più di 120 dipendenti e di voler chiudere uno dei suoi tre centri di distribuzione negli Stati Uniti. Considerando che la gran parte delle vendite del brand è concentrata proprio negli USA, questo significa che la società sta iniziando a perdere trazione tra i consumatori. A confermarlo sono anche le dichiarazioni del management nelle ultime riunioni con gli azionisti.

Le azioni Lululemon hanno perso oltre il 30% del loro valore dall’inizio dell’anno a oggi, segnando una performance negativa quasi peggiore di quella di Tesla. La capitalizzazione di mercato rimane comunque intorno ai $45 miliardi, ma è un valore che Wall Street aveva espresso in relazione a forti attese di crescita. Per un marchio così giovane, non ci si aspettava che i problemi sul tasso di crescita potessero iniziare così presto. Inoltre le cose non stanno andando così per tutto il mercato: Adidas di recente ha riportato vendite al di sopra della attese degli analisti, mentre Nike sta preparando la più grande campagna di marketing olimpica della sua storia per conquistare la scena a Parigi 2024.

Secondo il management, nella seconda parte dell’anno le condizioni del mercato dovrebbero migliorare

Addio al centro di distribuzione a Washington

La quantità di stock in eccesso per i venditori di abbigliamento sportivo negli Stati Uniti colpisce anche Lululemon. L’azienda ha iniziato a riportare già lo scorso trimestre una quantità di ordini inferiore alle attese e ora è pronta a prendere delle misure per contenere i costi. Il centro di distribuzione da 14.000 metri quadrati a Washington verrà chiuso già entro la fine dell’estate; una piccola percentuale dei dipendenti andranno a lavorare presso altre strutture dell’azienda, incluso il centro logistico di Los Angeles aperto da poco, ma la gran parte rimarrà disoccupata. Il management ha comunque cercato di inquadrare l’operazione come il risultato di una “revisione periodica” della strategia logistica del gruppo, cercando di evitare ogni riferimento alla domanda di mercato.

Nessuna novità per quanto riguarda i centri di distribuzione del gruppo in Canada e in Australia, gli altri due mercati dove Lululemon ha dei leasing in corso. Qui sembra che le vendite tendano ad andare meglio, anche se comunque risentono dell’eccesso di offerta di abbigliamento sportivo in tutto il Nord America. In questo momento gli investitori aspettano anche la pubblicazione dei dati sul primo trimestre dell’anno, ma il management ha già messo in guardia gli azionisti: ci si aspetta una battuta d’arresto sulle vendite, mentre la situazione dovrebbe poi migliorare nel secondo trimestre.

Anche la concorrenza del fast fashion, da parte di marchi come Shein, pesa sull’andamento del comparto

Un periodo difficile per tutto il settore

Nel quarto trimestre del 2023, Lululemon ha visto le vendite aumentare del 9% su base annua; l’anno precedente, la crescita era stata del 26%. Ora che ci si aspetta addirittura un possibile calo della crescita rispetto allo scorso anno, l’azienda inizia a dare seri segni di starsi avvicinando al picco della sua popolarità. Questo sta diventando un tema crescente anche per altri brand simili che sono nati nell’ultimo decennio: HOKA e On Cloud sono altre due marche che hanno conosciuto un fortissimo seguito da parte dei clienti nella pandemia e nell’immediato post-pandemia, ma che a loro volta stanno vedendo diminuire rapidamente il loro tasso di crescita. Anche brand molto consolidati come Puma e Under Armour hanno espresso previsioni poco felici sull’andamento delle vendite nel primo trimestre dell’anno, dimostrando che la crisi riguarda tutto il settore e non soltanto Lululemon.

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