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Mais, futures ai minimi da 3 anni e domanda in calo
I prezzi dei futures del mais negli Stati Uniti hanno toccato il loro punto più basso da tre anni a questa parte nella giornata di scambi di martedì. La commodity agricola soffre due grandi problemi, secondo gli analisti: da una parte la produzione superiore alle attese, che ha fatto inondare il mercato da una grande offerta negli Stati Uniti. Dall’altra parte la scarsa domanda di export per il mais americano, soprattutto dovuta al fatto che altri grandi produttori -soprattutto in America Latina- stiano riuscendo a produrre a prezzi estremamente più bassi e più competitivi sui mercati internazionali. Gli esperti non vedono una soluzione immediata a nessuno di questi due problemi.
I futures sul mais hanno già ceduto oltre il 30% del loro valore nel corso del 2023, un anno segnato da eccessi di produzione in diverse aree del mondo. Attualmente i futures a un mese vedono una quotazione di 4,98$ per bushel, ben inferiore al picco di 8$ per bushel toccato a maggio 2023. Cattive notizie per i produttori, ma non del tutto: per quanto il prezzo sia in netta ritirata rispetto ai livelli toccati lo scorso anno, nel pre-pandemia i futures a un mese valevano meno di 3,70$ per bushel. Anche considerando il tasso di inflazione elevato degli ultimi due anni, il prezzo del mais rimane ben al di sopra di quello del 2019.
Il commento degli analisti
Mark Soderberg, senior analyst presso la società di trading di commodities americana ADM Investor Services, addita la mancanza di domanda di esportazioni come principale causa della ritirata dei prezzi nel corso degli ultimi settimane. Ritiene in particolare che gli Stati Uniti non riescano a essere competitivi con i prezzi di produzione brasiliani, con il Brasile che si sta sempre di più confermando come il punto di riferimento mondiale per le esportazioni di mais. Soderberg sottolinea come unico punto positivo una buona domanda interna legata alla produzione di etanolo, che viene impiegato come base per i combustibili sostenibili, ma evidenzia anche che questa domanda non è semplicemente sufficiente a compensare le forze di mercato che stanno trainando i prezzi a ribasso.
Diversi analisti prevedono che le scorte siano destinate ad aumentare, con alcuni membri del Chicago Board of Trade che ritengono addirittura plausibile il raggiungimento di livelli mai visti in 10 anni per quanto riguarda le scorte di mais americane. Nel frattempo la raccolta di mais negli USA continua a procedere indisturbata, con il clima favorevole che accompagna un anno di produzione molto elevata per i campi. Questo non fa che alimentare la pressione a ribasso sui prezzi, aggiungendo altra offerta a un mercato che vede già prezzi ai minimi da tre anni.
Seguono le altre commodities agricole
Seguendo lo stesso trend ribassista, anche i prezzi della soia e del grano hanno iniziato la settimana con forti ribassi. Per quanto riguarda la soia, la stagione di raccolta in Argentina è andata meglio del previsto e la nazione sudamericana -con una valuta così tanto depressa rispetto al dollaro- è in grado di esportare a prezzi molto convenienti la sua produzione sui mercati internazionali.
Per quanto riguarda il grano, invece, la speculazione continua a riguardare un possibile ritorno al Black Sea Grain Deal. Sempre più voci di corridoio sostengono che, dopo aver rotto l’accordo che tutelava l’export di cereali dall’Ucraina, il presidente russo Putin stia negoziando un accordo con le Nazioni Unite per ripristinarlo. Complessivamente il periodo è ribassista per le materie prime agricole, con il mais che guida i ribassi ma le altre commodities che seguono a ruota. Sarà importante osservare l’evoluzione del trend nei prossimi mesi, in cui è atteso l’arrivo di El Niño a scombussolare il comparto agricolo.