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I mercati emergenti crollano condizionati dai timori di una recessione negli Usa

I mercati emergenti crollano per colpa dei timori degli investitori, preoccupati per una possiible recessione dell’economia statunitense.

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I timori relativi ad una possibile recessione negli Stati Uniti stanno avendo un impatto a livello mondiale. A pagare dazio alle paure degli investitori sono anche i mercati emergenti, che sono a loro volta crollati. Gli investitori hanno deciso di puntare su asset più sicuri, come lo yen giapponese.

L’indice MSCI della azioni dei mercati emergenti ha perso il 4,1%. Il crollo della azioni giapponesi ha avuto un impatto in tutta l’Asia. Ma non solo: a preoccupare gli investitori sono gli utili del settore tecnologico, che hanno pesato sulle Borse di Taiwan e della Corea del Sud. L’atteggiamento di avversione al rischio è continuato anche nel corso della giornata di venerdì, quando sono stati resi noti i dati sull’occupazione negli Usa, che si sono dimostrati più deboli del previsto, alimentando i timori di una possibile recessione dell’economia più importante a livello globale.

I timori contagiano anche i mercati emergenti

Le preoccupazioni relative alla recessione negli Usa hanno presto aggravato i timori sui mercati emergenti e sulla Cina, alimentati da una serie di utili poco soddisfacenti nel settore tecnologico e per l’aggravarsi delle tensioni in Medio Oriente. Ora come ora gli operatori stanno scontando un taglio dei tassi di interesse di 50 punti nella riunione di settembre della Federal Reserve, più alto del consueto taglio di 25 punti base che era stato previsto nel corso degli ultimi giorni.

Patrick Reid, co-fondatore della società di consulenza FX The Adamis Principle, ha spiegato che i movimenti notturni in Asia hanno causato delle vendite determinate dal panico: ad agosto, inoltre, la liquidità è davvero esigua. Al momento, secondo Reid, non è dato sapersi quale sassolino possa aver causato la valanga.

A registrare la loro peggiore sessione dalla crisi finanziaria globale del 2028 sono le azioni sudcoreane. Le vendite sono continuate sulle Borse dei mercati emergenti in Medio Oriente ed in Europa.

Nel corso della giornata sono state sospese due volte le negoziazioni sull’indice BIST-100 della Turchia, dopo che sono state registrate delle pesanti perdite pre-mercato. L’indice è sceso l’ultima volta del 3,8%, mentre il Bist Banks Idx ha registrato un calo del 4,2% poiché la lira è scesa al minimo storico rispetto al dollaro.

Nel frattempo, lo yen ha raggiunto il massimo degli ultimi sette mesi nei confronti del dollaro, mentre gli investitori si sono affrettati ad uscire dalle operazioni di carry trade, esercitando, allo stesso tempo, delle pressioni sulle valute dei mercati emergenti ad alto rendimento. Queste operazioni, sostanzialmente, hanno determinato un rimbalzo dello yen, la valuta di finanziamento più favorita per le operazioni di carry trade, che è andata a pesare direttamente sul dollaro statunitense. Ma soprattutto ha sostenuto le valute di finanziamento dei mercati emergenti, come lo yuan cinese.

Mercati emergenti, come si muovono le varie valute

Reid ha spiegato che c’è stata una bella stagione finché è durata, ma ora stiamo assistendo a una serie di smobilizzi avversi al rischio nelle operazioni di carry trade. Reid prevede che questa tendenza continuerà anche nel quarto trimestre 2024.

Anche il ringgit malese ha continuato la sua forte crescita, toccando il livello più alto rispetto al dollaro da aprile 2023.

Una perdita dello 0,5% del dollaro ha contribuito a far salire l’indice delle valute dei mercati emergenti MSCI dello 0,3%, con le valute dei mercati emergenti europei che stanno riguadagnando terreno nei confronti del biglietto verde.

D’altro canto, le valute dei mercati emergenti ad alto rendimento hanno perso terreno, con la rupia indiana che è diventata la valuta asiatica con la peggiore performance quest’anno, mentre il peso messicano ha toccato il livello più basso da ottobre 2022. Sul fronte dei dati, l‘inflazione annuale turca è scesa al 61,78% a luglio, appena al di sotto delle aspettative, mentre le vendite al dettaglio nella Repubblica Ceca sono aumentate del 4,4%.

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