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Nasce il fondo mondiale a sostegno della filiera del caffè

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L’Organizzazione Internazionale del Caffè (ICO) ha in programma di lanciare un fondo internazionale per aiutare il settore, con l’obiettivo di migliorare la varietà e la produzione di caffè in mezzo alle crisi climatiche. Vanúsia Nogueira, Direttrice Esecutiva dell’ICO, ritiene che sia cruciale dedicare maggiori investimenti nella ricerca per lo sviluppo di varietà di piante resistenti alle variazioni climatiche. Sempre più estreme, le manifestazioni del cambiamento climatico si stanno rivelando un grande problema per tutti i principali esportatori: dal Brasile al Vietnam, è diventato estremamente difficile fare previsioni sui livelli di produzione a livello globale.

Il progetto del fondo di investimento è già nella fase finale di modellazione, coordinato dall’ICO, che ha assunto consulenti internazionali europei e statunitensi per facilitare il dialogo con le industrie. Il progetto cerca anche partnership con governi e organizzazioni di sviluppo. La torrefattrice italiana Illy è una delle aziende sostenitrici del progetto; il suo presidente, Andrea Illy, ha fatto sapere che senza questo tipo di iniziative l’industria del caffè corre un grande rischio: quello di perdere una gran parte della produzione nei paesi che sono in grado di offrire i prodotti di maggiore qualità e le varietà più pregiate di caffè. Nel suo intervento, Andrea Illy ha sottolineato come il mercato del caffè stia entrando sempre di più nelle mani di solo due o tre paesi. Aiutare finanziariamente i piccoli produttori, dove spesso si ottengono le varietà migliori a livello di fragranza e sapore, è un imperativo in cui Illy crede molto.

Crisi climatica e produzione di caffè: un binomio complesso

Uno studio condotto dalla CSIRO (Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation) mostra che la quantità di terre adatte alla coltivazione di caffè a livello globale potrebbe risultare dimezzata entro il 2050 a causa dei cambiamenti climatici. Questo perché per produrre le due principali varietà di caffè, arabica e robusta, le temperature ideali sono rispettivamente di 18-22°C e 22-28°C. Con l’aumento della temperatura globale, molte regioni attualmente adatte alla produzione di caffè non lo saranno più in futuro.

Oltre agli impatti sulla dimensione delle raccolte di caffè, i produttori e i ricercatori sono anche preoccupati per la qualità finale del prodotto. Attualmente la produzione mondiale di caffè è guidata rispettivamente da Brasile, Vietnam e Colombia. Nell’ultimo anno, tutti questi paesi hanno subito crisi climatiche che hanno colpito la produzione di caffè: siccità intense in alcune aree, periodi di pioggia e tempeste oltre le previsioni in altre.

Le previsioni per la stagione 2023/2024 fatte da Rabobank Research, una divisione di ricerca agricola della banca olandese Rabobank, hanno indicato riduzioni nelle stime di raccolta di un milione di sacchi in Colombia e mezzo milione in Vietnam. La banca non ha divulgato dati sulle aspettative per la produzione in Brasile, ma le stesse aziende di caffè brasiliane hanno riferito nei loro report che i cambiamenti climatici stanno impattando sempre più i risultati delle raccolte negli ultimi anni.

Inflazione e prezzi pesano sulla domanda

Sorprendentemente, nel secondo trimestre del 2023, sia l’Unione Europea che il Regno Unito hanno registrato significative riduzioni nelle importazioni di caffè. I numeri mostrano un calo nei consumi del 13,4% su base annua, con importazioni in calo da tutti i principali mercati. Gli Stati Uniti, il maggiore consumatore mondiale di caffè, hanno anche registrato significative riduzioni nelle importazioni di caffè per il secondo semestre del 2023, con una diminuzione del 9,6% nello stesso periodo.

Questi dati vanno a braccetto con le previsioni sulla produzione prevista per il prossimo anno. A causa delle condizioni climatiche, la produzione globale di caffè stimata per il prossimo anno è prevista in 172,6 milioni di sacchi. Si nota quindi una dinamica poco felice per il mercato: la produzione in calo spinge a rialzo i prezzi, abbassando la domanda. Il risultato è una contrazione dei consumi e della produzione che, in ultima analisi, non premia né i produttori né i consumatori.

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