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ONU, Cina e USA non finanziano il fondo per il clima
Duro colpo per il fondo proposto dalle Nazioni Unite per finanziare la lotta al cambiamento climatico nei paesi emergenti. Il fondo ha raccolto 9,3 miliardi di dollari, contro un obiettivo di $10 miliardi. Lo rivela la riunione del Green Climate Fund tenuta a Bonn nella mattinata di giovedì. Il motivo è che la maggior parte delle economie sviluppate, molte delle quali erano state in prima linea a parlare dell’importanza di questa iniziativa, hanno deciso di non pagare. Quando pochi mesi fa tutte le principali nazioni del mondo si sono riunite a Parigi per parlare di cambiamento climatico, si è parlato di un fondo da 100 miliardi di dollari e di un forte impegno da parte delle economie sviluppate per fare arrivare finanziamenti alle nazioni in via di sviluppo.
Tutto questo, però, si è scontrato dopo appena pochi mesi contro il duro muro della realtà. Malgrado il Giappone si sia impegnato a finanziare il fondo con $1 miliardo in più rispetto a quanto precedentemente atteso, i conti chiusi nella mattinata di giovedì rivelano quanto stia accadendo realmente in questo momento. Tolti Giappone e Germania, la gran parte delle economie sviluppate ha trovato delle scuse per non partecipare alla raccolta.
Appena una frazione del vero obiettivo
Durante la riunione di Parigi, la politica internazionale ha preso atto di una cifra individuata da scienziati ed economisti: 200-250 miliardi di dollari. Questa è la stima di quanto sarebbe necessario mettere insieme, entro il 2030, per permettere alle nazioni del terzo mondo di finanziare gli interventi necessari di lotta al cambiamento climatico. I 10 miliardi di dollari che le Nazioni Unite volevano raccogliere in questa prima fase di esistenza del fondo avrebbero dovuto essere soltanto un piccolo primo obiettivo, ma che si è già rivelato un fallimento. Tra meno di due mesi inizierà il COP 28 a Dubai, dove bisognerà fare i conti con questo problema.
Il cambiamento climatico è un fenomeno globale. I mari si scaldano, l’aria si inquina, le risorse si esauriscono e i fenomeni atmosferici stanno cambiando in tutto il mondo. Ma non tutte le economie mondiali sono sufficientemente grandi da poter trovare i fondi con cui investire sulla transizione energetica e sull’abbattimento delle emissioni inquinanti. Di conseguenza, a Parigi si era cercato un accordo che fornisse un quadro per far fluire i flussi di cassa dai paesi sviluppati verso quelli emergenti. Un accordo che aveva visto supporto da tutte le grandi economie, incluse quelle che a oggi risulta non abbiano contribuito nemmeno in minima parte.
Cina e Stati Uniti non contribuiscono
Il rappresentante degli Stati Uniti inviato in Germania, dove oggi si è tenuta la riunione per fare il punto della situazione, ha addotto vaghe scuse. Ritiene che gli USA si trovino attualmente in una situazione finanziaria difficile, segnata da una forte incertezza riguardo alla pubblicazione del budget per il prossimo anno. Prova anche a prendere tempo, dicendo che il governo “sta lavorando” su un annuncio. Nel frattempo, la Cina non ha fatto sapere niente. Non ha nemmeno inviato un delegato con delle spiegazioni. Il tutto è particolarmente rilevante se si considera che Cina e Stati Uniti, attualmente, sono le due economie che inquinano di più al mondo.
Anche l’Italia fa parte delle nazioni che prendono tempo, in modo simile agli USA, dicendo che un annuncio arriverà “a breve”. Mahmoud Mohieldin, gestore del Green Climate Fund, rimane comunque ottimista: sostiene che, se le nazioni che hanno promesso di partecipare lo faranno davvero, allora il fondo riuscirà facilmente a superare l’obiettivo iniziale di 10 miliardi di dollari. Per il momento i grandi finanziatori del fondo sono stati Germania, Gran Bretagna, Francia e Giappone. Anche la Norvegia ha dato un contributo significativo, aumentato di $300 milioni proprio in occasione della riunione di giovedì a Bonn.