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ONU, proposta per accordo mondiale sulla plastica

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Questa settimana, rappresentati dei governi di tutto il mondo si riuniranno a Nairobi con l’obiettivo di introdurre il primo trattato mondiale sulla produzione e sull’inquinamento dovuti alla plastica. Stando a fonti vicine ai negoziati che hanno parlato con Reuters, però, ci si aspetta una forte resistenza da parte di diversi attori all’introduzione di politiche che possano realmente avere un impatto significativo. Con il COP28 alle porte, l’incontro di Nairobi sarà un passaggio essenziale per riuscire a mettere d’accordo i leader industriali del settore e i governi di tutto il mondo. L’obiettivo auspicato dalle Nazioni Unite è quello di poter uscire dai negoziati con una bozza di trattato che tutte le nazioni aderenti potranno poi sottoscrivere durante il COP28. In quella sede si cercherà anche di allargare la base d’appoggio, con l’obiettivo di avere almeno tutti i “principali inquinatori” dalla stessa parte.

Attualmente il mondo sta producendo circa 400 milioni di tonnellate metriche di plastica ogni anno, di cui appena il 10% viene riciclato. Il riciclo è principalmente un’attività for profit, che riguarda esclusivamente i rifiuti che possono essere riciclati con margini positivi per le aziende che se ne occupano. Da quando la Cina ha chiuso le porte alle importazioni di plastica per il riciclaggio e da quando l’inflazione ha fatto lievitare i costi per gli operatori del settore, una situazione già difficile si sta trasformando in un disastro ambientale su scala globale. Molta della plastica non riciclata finisce così per sommergere le discariche e molto spesso finisce, tristemente, anche in mare.

I produttori di petrolio si oppongono

La proposta per un accordo mondiale sulla plastica arriva soprattutto dalle nazioni storicamente più attente alle politiche ambientali: Unione Europea, Giappone, Canada e Kenya sono i principali paesi a favore di questa riforma. Non soltanto vorrebbero un trattato internazionale, ma vorrebbero che questo avesse delle clausole vincolanti in termini di produzione e di percentuale di riciclaggio. Inoltre si cerca un accordo per eliminare l’uso di alcuni tipi di plastica, come il PVC, che liberano sostanze tossiche nel processo di manifattura.

La proposta è però fortemente osteggiata da paesi che producono grandi quantità di petrolio, come l’Arabia Saudita. Questo perché attualmente il 98% della plastica mondiale (secondo l’UN Environment Program) è prodotto a partire da combustibili fossili. Essenzialmente, per le nazioni che esportano petrolio, la plastica è un grande business. L’Arabia Saudita vorrebbe imporre la retorica secondo cui il problema non è l’utilizzo della plastica, quanto piuttosto il processo di smaltimento.

L’Arabia Saudita ha formato una coalizione con Russia, Cina, Cuba e Bahrain chiamata Global Coalition for Plastics Sustainability in risposta alla nuova proposta. Questa coalizione promuove un approccio di intervento dal basso, concentrandosi sulle forme di riciclo della plastica piuttosto che sulle politiche di restrizioni all’utilizzo o alla produzione.

Gli scienziati inviano una lettera aperta ai negoziatori

Una delle novità della giornata di oggi è che 20 scienziati internazionali hanno scritto una lettera aperta rivolta ai negoziatori che si incontreranno in Kenya. Le loro vedute sono evidentemente in forte disaccordo con quelle dell’Arabia Saudita, concentrandosi in primo luogo sulla richiesta di mettere la salute al centro del dialogo. Non si pensa dunque soltanto all’ambiente, ma anche agli effetti che la produzione e lo smaltimento della plastica hanno sulle comunità: oltre a chiedere un trattato che limiti la produzione di plastica nel mondo, si chiede anche che l’obbligo di testare tutte le sostanze chimiche contenute all’interno della plastica.

Il focus sull’ambiente ha forse fatto perdere di vista i rischi che la plastica pone per la salute. Il BPA, ad esempio, è un comune tipo di plastica che viene impiegato per la produzione di bottigliette d’acqua; se esposto a fonti di calore, può rilasciare sostanze tossiche. C’è poi il problema delle microplastiche, piccoli frammenti di plastica che ormai possono essere trovati ovunque. Il tutto senza considerare i problemi d’inquinamento delle falde acquifere che si verificano quando la plastica viene smaltita in modo incorretto.

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