News
Petrolio ai massimi da inizio anno: dubbi sull’offerta russa per via degli attacchi ucraini
Il prezzo del petrolio tocca i suoi massimi da inizio anno, segnando un rally del 15+% nel corso del 2024. Malgrado la maggior parte degli analisti abbia concentrato la propria attenzione in Medio Oriente nel corso degli ultimi mesi, la situazione geopolitica è diventata un fattore di incertezza nelle ultime settimane più che altro per via del conflitto russo-ucraino. L’esercito di Kiev ha intensificato molto gli attacchi all’industria petrolifera russa, ed è passato dal colpire i depositi di petrolio al colpire le raffinerie. In questo caso non soltanto i danni economici sono più grandi, ma possono volerci diversi mesi prima che una raffineria sia nuovamente in grado di tornare ai suoi livelli normali di produzione.
Il prezzo del WTI ha chiuso la giornata in rialzo di 0,75$ con il barile a 83,47$, il punto più alto toccato fino a questo momento dalla fine di ottobre. Invece il Brent è salito a 87,37$, nuovamente il punto più alto da quasi 5 mesi a questa parte. Fino a questo momento gli attacchi alle raffinerie hanno portato poca attenzione sui prezzi del petrolio, ma l’intensificarsi delle operazioni belliche indica che nei prossimi mesi la produzione russa potrebbe diventare sensibilmente inferiore delle attese. Attualmente Mosca sta già producendo relativamente poco per scelta, in seguito all’accordo sui tagli alla produzione con l’Arabia Saudita e gli altri membri del cartello OPEC+. Se però le infrastrutture dovessero venire colpite ancora metodicamente, i livelli di output potrebbero scendere per forza di causa maggiore e non più per scelta.
Continuano gli attacchi sulle raffineria
Inizialmente si pensava che gli attacchi sulle raffinerie si sarebbero intensificati solo fino all’avvicinamento delle elezioni russe, ma sembra che Kiev sia del tutto intenzionata ad andare avanti. Solo questo mesee sono state colpite almeno 7 raffinerie, alcune delle quali interamente dedicata alla produzione di prodotti raffinati da esportazione. La gran parte delle infrastrutture di questo tipo in Russia si trovano nella parte geograficamente europea del paese, dove i droni ucraini -alcuni dei quali in grado di volare per 1.200 km- sono in grado di raggiungerle. Gli attacchi fino a questo momento sono già riusciti a compromettere il 7% dell’output russo, circa 370.000 barili al giorno di prodotti raffinati. Attualmente le infrastrutture di estrazione non sono state colpite.
Secondo StoneX, una delle principali società di analisi del mercato petrolifero, la Russia avrebbe comunque la possibilità di aumentare la produzione di petrolio greggio per far fronte alla capacità ridotta di raffineria e stoccaggio. Rimane però in dubbio la capacità di immagazzinare quantità significativamente maggiori di petrolio rispetto a quelle attuali, dal momento che i centri di stoccaggio sono ulteriormente stati bersaglio dei droni ucraini. Anche se questi attacchi non sono stati sufficienti a spostare l’equilibrio delle ultime elezioni, secondo StoneX sarebbero sufficienti a creare un aggiustamento di 3$ nel prezzo dei barili americani.
Crescono le previsioni sulla domanda
Appena una settimana fa, la IEA ha annunciato per la quarta volta da novembre a oggi di aver rivisto a rialzo le sue stime sull’aumento della domanda di petrolio nel 2024. L’agenzia internazionale continua a parlare di un “rallentamento dell’economia globale” che dovrebbe aiutare a mettere a freno i consumi di combustibili fossili, ma di questo rallentamento -almeno per il momento- nei dati macroeconomici non c’è traccia. Invece continua a essere un problema l’offerta, con gli Houthis che stanno andando avanti nei loro attacchi alle navi petroliere nel mar Rosso. Attualmente, secondo la IEA, la domanda di petrolio dovrebbe crescere di 1.3 milioni di barili nel 2024 rispetto allo scorso anno. Al contempo ci si aspetta un aumento dell’offerta di soli 800.000 barili, cosa che dovrebbe andare a costruire una pressione rialzista sui prezzi del petrolio nel corso dei prossimi mesi.