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Petrolio, bassa domanda compensa i tagli alle esportazioni
Quando il cartello OPEC+ ha annunciato i suoi ultimi tagli alle esportazioni di petrolio, riducendo l’export di oltre un milione e mezzo di barili di greggio al giorno, il prezzo del greggio è rapidamente schizzato al di sopra degli 80$ per barile. A distanza di poche settimane, però, la bassa domanda sembra aver compensato queste notizie: il timore di una recessione negli Stati Uniti, insieme alla politica monetaria praticata dalla Fed e dalla BCE, hanno causato una riduzione piuttosto netta della domanda.
Sembra che anche la domanda cinese, per quanto in ripresa dopo la riapertura dell’economia, non sia così forte come alcuni analisti si attendevano. L’unica notizia che sembra puntare verso una direzione rialzista è il report della EIA (Energy Information Administration) rilasciato venerdì scorso, secondo cui la domanda di greggio negli Stati Uniti è ai massimi da novembre 2022 mentre la produzione è ai minimi da dicembre 2022. Fatta eccezione per questa statistica, sembra che in realtà il mercato abbia trovato un bilanciamento tra la bassa richiesta di futures e i tagli alla produzione annunciati dal cartello OPEC+.
Bassa domanda di mercato per il greggio
Lo scenario a cui stiamo assistendo ricorda da vicino quello dello scorso ottobre, quando l’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio fece un altro grande taglio alla produzione. Anche in quella circostanza, malgrado la decisione fosse osteggiata da molte nazioni del mondo, terminò con il rivelarsi una previsione corretta: per via dei bassi livelli di domanda, il prezzo del petrolio continuò a oscillare intorno ai suoi livelli precedenti. A distanza di alcuni mesi la situazione si sta ripetendo grossomodo identica, con la domanda in calo che compensa l’offerta più scarsa.
In parte lo si deve ai target di crescita poco ambiziosi fissati dalla Cina, che malgrado la riapertura dell’economia non ha scosso il mercato del petrolio come molti analisti si attendevano. Anche la possibilità di una recessione negli Stati Uniti, che continua ad aleggiare e si sta facendo più vivida dopo il tracollo di First Republic Bank, non aiuta a favorire gli investimenti e il consumo di petrolio. Per questo motivo la situazione sembra stabile e segnata da un’altra variabile, cioè quanto petrolio verrà domandato nella stagione estiva dall’industria dei viaggi. Con numeri piuttosto alti di prenotazioni e voli, sembra che il settore potrebbe sostenere la domanda di greggio più del previsto.
Il commento degli analisti
In seguito all’annuncio dei tagli alla produzione, molti grandi nomi di Wall Street avevano formulato previsioni fortemente rialzista. Secondo Goldman Sachs il prezzo avrebbe presto raggiunto i 100$ al barile entro dicembre 2023, con altre firme prestigiose che addirittura vedevano questa possibilità come un target di prezzo plausibile già entro la fine del secondo trimestre dell’anno. Ora potremmo assistere a un’inversione di rotta anche su queste previsioni, dimostrando quanto incerto sia l’andamento della macroeconomia in questa particolare fase dei mercati finanziari.
Tra i nomi che avevano espresso previsioni rialziste sul prezzo del petrolio c’è quello di Barclays, che però torna a difendere la sua analisi con un nuovo report pubblicato dagli analisti dell’azienda. Secondo Barclays, il vero motivo dietro al calo della domanda è una pessimismo generalizzato verso l’andamento dell’economia più che una vera debolezza di quest’ultima. La domanda potrebbe dunque tornare presto ad aumentare nel caso in cui le previsioni si rivelassero incorrette, sia per quanto riguarda la crescita in Cina che negli Stati Uniti.