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Petrolio, cala la produzione OPEC ma il prezzo non decolla
Secondo le ricerche condotte da Reuters sugli analisti del mercato del petrolio, a gennaio la produzione legata ai paesi OPEC è diminuita di oltre 410.000 barili al giorno rispetto a dicembre. Il numero è già adattato al fatto che ora l’Angola non fa più parte del cartello dei paesi esportatori. Si tratta del calo più ripido da luglio fino a oggi, dimostrando che effettivamente i cali volontari alla produzione da parte di Russia e Arabia Saudita si stanno facendo sentire. Inoltre pesa la situazione geopolitica, soprattutto in Libano, dove le schermaglie tra Hezbollah e Israele hanno causato una flessione dell’attività estrattiva probabilmente destinata a continuare anche nei prossimi mesi. Complessivamente la produzione OPEC è stata di 26,33 milioni di barili al giorno.
Il calo più significativo della produzione non arriva però né dall’Arabia Saudita, né dalla Russia, né dal Libano. A essere stata particolarmente meno produttiva è stata la Libia, a causa della chiusura dell’area estrattiva di Sharara. La National Oil Corporation è stata costretta a chiudere l’impianto, che produce circa il 25% del petrolio totale estratto in Libia, a causa di una protesta regionale. L’area è stata ferma per tre settimane a partire dal 7 gennaio, ma ieri è arrivato il comunicato della ripresa delle operazioni. Questo fa pensare che a febbraio la produzione dovrebbe ritornare sui livelli di dicembre, aumentando l’offerta complessiva sul mercato.
La situazione aggiornata sui paesi OPEC
Il sondaggio condotto da Reuters rivela che l’Arabia Saudita è stata fedele ai tagli alla produzione promessi alla fine dello scorso anno, ma altri paesi OPEC hanno parzialmente compensato questo effetto. Gabon, Iraq e Nigeria hanno mostrato dei livelli estrattivi al di sopra della quota di produzione che l’OPEC aveva stabilito. Invece Iraq e Kuwait hanno aderito alla politica di tagli volontari, producendo complessivamente 280.000 barili in meno di petrolio rispetto al mese precedente. L’OPEC continua a cercare di bilanciare una produzione record proveniente da paesi che non fanno parte dell’organizzazione, particolarmente Stati Uniti e Brasile, che continuano a mantenere il ritmo più alto possibile di estrazione.
In Iran continua la situazione paradossale in cui il ritmo di produzione è vicino al suo picco degli ultimi 5 anni, malgrado teoricamente le sanzioni statunitensi siano ancora in vigore. Da ultimo, Nigeria e Algeria si sono bilanciate: la prima ha prodotto 40.000 barili in più rispetto a dicembre e la seconda ha tagliato il suo output della stessa quantità.
I prezzi non decollano malgrado i tagli
Malgrado il calo dell’attività estrattiva dell’OPEC, il prezzo del barile è rimasto ancora in linea con dicembre. Il mese si è chiuso con un aumento del 5% rispetto al 31 dicembre, ma una volta che si considerano le fluttuazioni giornaliere non è un aumento significativo. Anche l’outlook degli analisti intervistati da Reuters non mostra ottimismo per un rally del petrolio, soprattutto per via della domanda in calo e delle scorte record di prodotti raffinati negli Stati Uniti. Sulla domanda pesa particolarmente la stagnazione economica cinese; la Cina è il principale importatore di petrolio al mondo e ogni volta che la crescita cinese rallenta, il peso sulla domanda di greggio è notevole. Considerando che il governo e la banca centrale non hanno ancora annunciato dei piani concreti per aiutare l’economia a riprendersi, il prezzo del petrolio potrebbe continuare a non risentire degli effetti delle politiche OPEC.