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Petrolio in rialzo su aumento tensioni in Yemen e Ucraina
Il prezzo del petrolio ha messo a segno un rialzo del 3% oggi, trainato soprattutto da fattori geopolitici. Ancora una volta sono al centro dell’attenzione le tensioni in Medio Oriente, ma si guarda anche all’Ucraina dove l’esercito ha iniziato a colpire sistematicamente le infrastrutture russe utilizzate per lo stoccaggio di petrolio. Il prezzo del Brent ha chiuso la giornata a 80,40$ al barile, mentre il WTI a 75,55$ al barile. Si conferma che il supporto a 70$ è stabile, almeno per il momento. Per il momento gli analisti tengono gli occhi puntati sulle notizie che arrivano dal fronte dei diversi conflitti in corso in questo momento di particolare tensione mondiale.
Nel frattempo si aggiunge un altro elemento di incertezza, ovvero il forte gelo negli Stati Uniti arrivato dopo un dicembre di temperature estremamente sopra la media. La situazione riguarda più da vicino il mercato del gas naturale, ma l’uso intensivo di generatori di emergenza sta rapidamente facendo aumentare la domanda di diesel e benzina. Malgrado i livelli di prodotti raffinati negli USA rimangano alti, il freddo non accenna a diminuire e sta continuando a causare notevole incertezza per le prossime settimane.
Ancora attacchi da parte degli Houthis
Gli Houthis, il gruppo di ribelli con base in Yemen e finanziato dall’Iran, continua a causare problemi al traffico di navi petroliere. Il gruppo ha annunciato di aver lanciato un nuovo attacco stamattina, utilizzando missili a corto raggio, contro una nave cargo americana nel golfo di Aden. Il gruppo non ha confermato quale sia stato l’esito dell’attacco, ma il portavoce Yahya Sarea ha fatto sapere che gli Houthis continueranno a vendicare l’azione militare americana e britannica che definiscono “un’aggressione”. Per il momento nemmeno il Ministero della Difesa degli Stati Uniti ha offerto dei commenti pubblici su cosa sia successo alla nave Ocean Jazz.
Da diverse settimane il traffico delle navi petroliere e delle navi cargo attraverso il mar Rosso è messo in pericolo da questi attacchi, che stanno bloccando un tratto di mare fondamentale per l’accesso al canale di Suez. Per circumnavigare l’Africa le navi impiegano 10-14 giorni di navigazione in più, con costi doppi rispetto a un normale collegamento tra Cina e Europa o tra Medio Oriente e sud-est asiatico. Questo ennesimo attacco dimostra che la coalizione occidentale non è ancora riuscita a ripristinare il controllo del tratto del mar Rosso che passa al lato delle coste dello Yemen, cosa che probabilmente porterà ulteriore caos nel mondo delle spedizioni navali. Il traffico di navi petroliere attraverso il canale di Suez è già diminuito del 35% dall’inizio degli attacchi.
L’Ucraina colpisce le infrastrutture petrolifere
Nel tentativo di danneggiare la principale fonte di export russo, l’Ucraina sta conducendo attacchi con droni contro alcune delle più importanti infrastrutture per lo stoccaggio e il trasporto di combustibili fossili. Ieri è stato colpito il terminale per il gas naturale di San Pietroburgo, dove Novatek ha momentaneamente dovuto sospendere le operazioni; il giorno prima è stato colpita la terza raffineria più grande dell’intera Russia, gestita da Rosneft. Secondo le fonti ufficiali russe, 6 milioni di litri di benzina sono andati in fiamme durante questi attacchi. La raffineria, ubicata nella città di Klintsy, si trova a 60 chilometri dal confine con l’Ucraina. Per quanto gli attacchi non siano stati così grandi da modificare l’equilibrio mondiale di domanda e offerta per il petrolio, i mercati temono che possa essere l’inizio di una serie prolungata di operazioni militari di questo genere.