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Russia, i corporate bond guidano i profitti delle banche
Grazie a una situazione favorevole per il mercato dei corporate bonds, cioè le obbligazioni emesse dalle società private, le banche russe hanno chiuso con risultati positivi il primo quadrimestre dell’anno. Con l’arrivo degli ultimi dati è possibile stabilire le dimensioni del fenomeno: complessivamente, le banche private in Russia hanno generato profitti per oltre 1.100 miliardi di rubli nel periodo che va da gennaio ad aprile 2023. Il settore è stato, come tantissimi altri, duramente colpito dalle sanzioni internazionali e dal periodo di guerra. Per diversi mesi non è stato profittevole, generando perdite fino a dicembre 2022 per poi risalire la china grazie ad alcune situazioni favorevoli nel mercato domestico.
Chiaramente la situazione rimane delicata, soprattutto considerando che i tassi di interesse centrali sono elevati e che l’economia continua a stentare. Inoltre il tasso di cambio con il dollaro americano è difeso artificialmente dalla banca centrale, facendo ricorso ai 600 miliardi di riserve che questa aveva accumulato come tesoretto di guerra negli anni precedenti all’invasione. Le prospettive per il futuro rimangono poco chiare, ma almeno per il momento non sembra che ci siano problemi immediati per la sostenibilità economica del comparto.
Rimane attivo il mercato del credito
Una delle buone notizie per le banche russe è stato il rendimento in aumento dei bond emessi dalle società private per via dei tassi elevati della banca centrale. Molte aziende vogliono richiedere liquidità alle banche per finanziare le proprie operazioni: alcune per via degli ordini governativi legati alla produzione di beni e servizi per lo sforzo bellico, altre per investire nel proprio business e sostituire tutte quelle società Occidentali che hanno deciso di abbandonare le proprie operazioni in Russia. Il risultato è che il mercato del credito rimane dinamico e che le banche possono ottenerne dei buoni profitti.
Allo stesso momento, i crediti in sofferenza sono in ribasso e sono comunque sempre rimasti su livelli non preoccupanti. Tra i prestiti alle aziende si scende dal 6,5% al 6,3%, in quelli al dettaglio dal 5,2% al 5,1%. Da ultimo, per i mutui ipotecari si scende dallo 0,7% allo 0,6%. Risultati più o meno simili per tutto il comparto, senza grandi differenze tra i grandi gruppi bancari e quelli più piccoli.
Interessante notare anche il comportamento dei bond governativi. In un primo momento, in risposta all’invasione, le banche private ne avevano acquistati una grande quantità per aiutare il governo con la spesa pubblica. Oggi le banche continuano ad acquistarli soprattutto per i rendimenti nettamente più elevati rispetto al tasso di inflazione, che negli ultimi dati è sceso al di sotto del 3%.
Spese contenute per lo sforzo bellico
Secondo la recente indagine condotta dal The Economist, il motivo principale della sorprendente resilienza dell’economia russa sarebbero le spese ridotte per finanziare lo sforzo bellico. Questa può risultare una sorpresa, ma analizzando le spese sostenute dal Ministero della Difesa nel 2022 non si nota un grande scostamento rispetto al budget preventivato. La nazione ha speso, nello scorso anno, 67 miliardi di dollari per finanziare la propria invasione. Una cifra che equivale a circa il 3% del PIL, decisamente meno di quanto sia stato speso per altre guerre da parte di Russia e Unione Sovietica.
Il confronto più eclatante è quello con la Seconda Guerra Mondiale, in cui l’Unione Sovietica stava spendendo oltre il 60% del proprio interno lordo. Queste spese riguardano soltanto i costi direttamente sostenuti per finanziare lo sforzo bellico, senza considerare ad esempio le implicazioni previste dalle sanzioni internazionali. In questo modo, il governo non è costretto a stampare una quantità eccessiva di denaro da convogliare in spesa militare. Non dovendo stampare una quantità anomala di denaro, l’economia russa non sta andando incontro alla spirale inflazionistica che molti analisti si aspettavano.