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Shell punta sui combustibili sostenibili per l’aviazione

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Shell ha deciso di investire pesantemente sulla produzione di combustibili sostenibili per l’aviazione (SAFs). Il colosso olandese ha deciso, in particolare, di puntare su un forte aumento della produzione negli Stati Uniti per arrivare a una forte produzione su scala plausibilmente entro il 2024. Shell ritiene che il terreno sia fertile, sia dal punto di vista delle regolamentazioni che dal punto di vista degli incentivi offerti ai produttori per stabilire i loro impianti negli USA. La notizia è stata annunciata nel pomeriggio di martedì da Gretchen Watkins, presidente della divisione statunitense del gruppo.

I combustibili sostenibili per l’aviazione sono carburanti compatibili con gli attuali motori impiegati negli aerei commerciali, solitamente ottenuti dalle biomasse. Anche se non eliminano del tutto il problema della sostenibilità della filiera dei carburanti per gli aerei, liberano una quantità di CO2 e di gas serra significativamente più bassa rispetto al cherosene quando vengono bruciati. La IATA ha l’obiettivo di decarbonizzare totalmente il settore dell’aviazione entro il 2050, e i carburanti impiegati per gli aerei sono la singola variabile che pesa di più sull’inquinamento prodotto dal settore. Oltre a essere una svolta per la sostenibilità, i carburanti sostenibili aiutano anche le nazioni importatrici di petrolio a ridurre la loro dipendenza dai paesi esportatori.

Shell ha un “vantaggio strategico” nei SAF

Con poche eccezioni, i grandi gruppi dell’industria petrolifera stanno guardando al mondo dei combustibili sostenibili per trovare nuove opportunità di business. Questo è uno dei fattori che ha portato a un significativo aumento della produzione nel corso degli ultimi anni, ma Shell in particolare ritiene di avere un vantaggio strategico” rispetto ai concorrenti. Gretchen Watkins non ha rivelato quale sia questo vantaggio, ma ritiene che Shell possa essere particolarmente competitiva nella produzione di carburanti sostenibili per l’aviazione. L’intenzione di produrre più SAF negli USA è stata dichiarata apertamente, ma senza fornire dettagli riguardo all’entità dell’investimento o riguardo alle tempistiche previste per l’inizio dei lavori.

Una cosa è certa: l’annuncio di oggi aiuta Shell a recuperare la propria immagine, dopo aver licenziato centinaia di dipendenti che lavoravano nell’unità di business dedicata alla sostenibilità. In concomitanza ai licenziamenti sono anche stati diminuiti gli investimenti in progetti sostenibili, in particolare su quelli legati all’idrogeno verde. La notizia è stata ripresa da tutti i principali outlet di notizie internazionali, gettando in cattiva luce la società olandese in relazione al suo impegno per l’ambiente.

Bruciare SAF libera il 20-40% in meno di gas serra rispetto al cherosene tradizionale

Il gruppo sempre più vicino agli Stati Uniti

Shell è una società europea, quotata in Europa, ma che da tempo si sta allontanando dal mercato dove è nata. Nel 2021 l’azienda aveva considerato di trasferire la propria quotazione negli Stati Uniti, dove gli azionisti pensavano di poter ottenere un valore migliore per le proprie quote. Anche se questo piano è stato abbandonato, la società ha intensificato gli investimenti oltreoceano. L’annuncio di oggi è soltanto l’ultimo di una lunga serie che vede Shell avvicinarsi sempre di più agli States, dove la società ha anche concentrato i suoi ultimi investimenti in termini di petrolio e gas naturale. All’inizio del 2024 dovrebbero essere prodotti oltre 100.000 barili in più dai progetti di Shell nella Costa del Golfo.

Questo è un fattore importante, perché l’Unione Europea ha recentemente introdotto nuove regolamentazioni sui SAF, che porteranno a un aumento della quantità di combustibili sostenibili impiegati nei voli commerciali. Al tempo stesso, l’UE sta importando dal continente americano quasi tutti i SAF che vengono utilizzati oggi e mancano dei piani concreti per l’aumento della produzione in futuro. Le società, attratte dagli incentivi che vengono offerti negli Stati Uniti, preferiscono delocalizzare la loro produzione e poi esportare i SAF verso il continente europeo. Questo si traduce in una totale perdita del vantaggio dal punto di vista climatico, oltre che in un danno economico per le nazioni UE.

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