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Le spese obbligate pesano sempre di più sul bilancio familiare
Sul bilancio familiare pesano sempre di più le spese obbligate. Stiamo parlando di quei prodotti o servizi necessari per la vita quotidiana.
Le spese obbligate continuano ad incidere pesantemente sul bilancio delle famiglie. A metterlo in evidenza è l’Ufficio Studi di Confcommercio, secondo il quale, nel corso del 2024, la quota di queste spese sul valore complessivo dei consumi delle famiglie ha sfiorato il 42%. Rispetto al 1995 c’è stato un incremento di oltre 5 punti percentuali.
Su una spesa complessiva annua di 21.800 euro a testa, oltre 9.000 euro sono determinati da delle spese obbligate: stiamo parlando, sostanzialmente, di 348 euro in più rispetto al 2019. Senza dubbio a farla da padrona è la voce abitazione, che determina costi pari a 4.830 euro, al cui interno un peso determinante lo hanno quelli relativi alla energia: l’aggregato costituito da elettricità, gas e carburanti comportano una spesa pari a 1.721 euro.
Senza dubbio ad amplificare l’incidenza delle spese obbligate è la dinamica dei prezzi, che mostra una pesante difformità rispetto a quella degli altri beni e servizi. Nel periodo compreso tra il 1995 e il 2024 l’indice dei prezzi obbligati è cresciuto più del doppio rispetto a quello dei beni commercializzabili: +122,7% i primi, +55,6% i secondi. Dinamica influenzata anche da un deficit di concorrenza tra le imprese fornitrici di beni e servizi obbligati.
Aumentano le spese obbligate
Dalle analisi effettuate dall’Ufficio Studi Confcommercio il messaggio appare chiaro: i prezzi continuano a crescere e le quantità acquistate si riducono, anche se non sempre in modo proporzionale. L’ammontare delle spese obbligate occupa delle quote sempre maggiori del bilancio di una famiglia.
Il fatto che preoccupa maggiormente è che difficilmente si riuscirà a tornare ai dati del 2019, quando si spendeva il 40% in meno. Rispetto alla nota Confcommercio del 14 luglio 2019 la valutazione delle spese obbligate per il 2023 passa dal 41,5% all’attuale 42,2%, con una moderata riduzione nel corso del 2024, quando si attesterà intorno al 41,8%.
Dando uno sguardo a quanto accadrà nel corso del prossimo biennio, il ritorno dei servizi commercializzabili oltre al 21% potrà accadere unicamente grazie ai turisti attivi – sia quelli italiani che quelli stranieri nel nostro Paese -. Lo spazio per i beni commercializzabili è destinato a ridursi ulteriormente, soprattutto per quelli che passeranno attraverso i negozi fisici.
I problemi per i negozi fisici
I servizi di prossimità erogati dalle strutture commerciali nelle città – ma soprattutto all’interno dei centri storici – saranno sempre di più sotto pressione. Penalizzati dal continuo sviluppo del commercio online, che secondo Confcommercio è destinato a rafforzarsi ulteriormente.
A spingere le spese obbligate sono principalmente i prezzi e non le preferenze dei consumatori. I consumi di beni obbligati a prezzi costanti si riducono continuamente ed i primi ad essere penalizzati sono quelli dell’energia.
È bene ricordare, che ad ogni modo, nell’elenco dei beni obbligati ci sono prodotti essenziali che coprono le esigenze fondamentali delle famiglie, tra le quali c’è la sanità. Al loro interno si muovono, infatti, tendenze di lungo termine, come l’invecchiamento della popolazione: un fenomeno che non è certamente positivo, ma che comporta una serie di investimenti e governance strutturale perché spese come quelle necessarie, come l’abitazione o la sanità non siano preluse a nessuno.
Le spese obbligate, soprattutto quelle legate all’abitazione, penalizzano sempre di più i bilanci delle famiglie e di conseguenza riducono i consumi. Consumi che sono la principale componente della domanda interna. Per sostenerli occorre confermare l’accorpamento delle aliquote Irpef e ridurre progressivamente, e in modo strutturale, il carico fiscale
Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio
Ad ogni modo, secondo Confcommercio, le evidenze statistiche che mensilmente emergono dalle fonti ufficiali non contribuiscono a delineare una sicura evoluzione del quadro congiunturale. L’incertezza che prevale tra gli operatori, imprese e famiglie, testimoniata dalla crescente varianza registrata dai tassi di variazione dei climi di fiducia, impone anche ai commentatori cautela nelle valutazioni.