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Stellantis, negli Usa il sindacato minaccia un nuovo sciopero
Sindacato statunitense di nuovo sul piede di guerra contro Stellantis: minacciato un nuovo sciopero.
Stellantis finisce sotto la lente d’ingrandimento del sindacato statunitense. United Auto Workers sta monitorando la situazione del colosso automobilistico italo-francese, alle prese con i molteplici scioperi che stanno condizionando le sue attività oltreoceano e che da un anno a questa parte sono arrivati a costare alcuni miliardi di dollari alle tre case automobilistiche di Detroit. Oltre al licenziamento di qualcosa come 50.000 lavoratori.
Shawn Fain, presidente della UAW, nella giornata di martedì ha accusato Stellantis di aver violato le promesse contrattuali ed ha avvertito che diverse sezioni sindacali locali si stanno muovendo per un nuovo sciopero.
Le minacce dell’Uaw seguono uno sciopero del 2023 durato sei settimane, che è costato a Stellantis qualcosa come 750 milioni di euro. A finire nel mirino, comunque vada, ci sono anche General Motors e Ford. La presa di posizione dei lavoratori nel 2023 ha avuto larga eco, anche perché Joe Biden, presidente Usa, aveva mostrato il proprio sostegno a chi aveva partecipato allo sciopero.
Stellantis, i problemi in Nord America
Stellantis è in difficoltà negli Usa: la minaccia di un nuovo sciopero arriva proprio in un momento difficile, proprio mentre si sta tenendo la corsa alla Casa Bianca che vede contrapposti il repubblicano Donald Trump e la democratica Kamala Harris. Quest’ultima, che è la vicepresidente di Biden, è sostenuta proprio dall’Uaw.
Bisogna ammettere, ad ogni modo, che gli scioperi sindacali al di fuori delle trattative quadriennali sono insoliti. E soprattutto uno in Stellantis – ad appena un anno dalla firma del contratto di lavoro e in un periodo contrassegnato dalla corsa elettorale – è senza dubbio senza precedenti.
Sam Fiorani, vicepresidente della società di ricerca AutoForecast Solutions, spiega che il sindacato ha scelto il momento perfetto per prendere di mira Stellantis, perché il gruppo automobilistico si trova probabilmente nel suo momento più debole.
Fain ha annunciato che 28 rappresentanti locali – a cui fanno capo decine di migliaia di lavoratori – hanno presentato una serie di reclami contro Stellantis. Diciotto rappresentati erano sul punto di chiedere il voto di autorizzazione allo sciopero.
Fain, che ha scalato i ranghi del sindacato dopo aver lavorato come elettricista per Chrysler, ha portato un approccio più combattivo e un nuovo team dirigenziale al sindacato dopo la sua elezione nel 2023.
In un dichiarazione ufficiale, Stellantis ha affermato che Fain starebbe continuando a danneggiare volontariamente la reputazione dell’azienda con i suoi attacchi pubblici che non sono utili a nessuno, compresi i suoi membri.
I problemi di Stellantis secondo i sindacati
In una lettera anticipata da Reuters, Fain ha risposto a Stellantis spiegando che sotto la guida dell’amministratore delegato Carlos Tavares, il gruppo si sta rapidamente trasformando in un caso di studio globale sulla cattiva gestione aziendale.
Le lamentele della UAW vertono sugli impegni di prodotto e di investimento assunti durante le trattative contrattuali dello scorso autunno. Tra i principali punti critici messi in evidenza dal sindacato ci sono i ritardi di un investimento pianificato da miliardi di dollari in un nuovo stabilimento e fabbrica di batterie a Belvidere, Illinois, e i possibili piani di Stellantis per spostare la produzione del SUV Dodge Durango fuori dagli Stati Uniti.
Il contratto firmato tra la UAW e la casa automobilistica consente all’azienda di rinviare gli impegni finanziari nel caso in cui le condizioni di mercato dovessero peggiorare.
Nel corso dell’ultimo anno, l’attività di Stellantis negli Stati Uniti ha registrato un calo. I concessionari e gli azionisti hanno pubblicamente denunciato il crollo delle vendite, gli inventari gonfiati e la discesa del prezzo delle azioni.
Tavares ha spiegato di essere concentrato sul miglioramento delle performance di Stellantis negli USA e ha dichiarato la volontà di chiudere i marchi a livello globale se non faranno soldi. Il mese scorso, ha visitato gli USA con l’intenzione di sviluppare un piano per migliorare le operazioni oltre oceano.