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Suriname, nuovi bond e accordo per evitare default

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Il governo del Suriname ha raggiunto un accordo con i detentori di Eurobond emessi nel corso degli anni passati. Da una parte gli obbligazionisti avevano il timore di perdere il proprio investimento, con il Tesoro della nazione sudamericana vicino a dichiarare default sul debito in valuta estera; dall’altra parte il governo ha cercato di resistere a questa possibilità rinegoziando il debito con i detentori delle obbligazioni. Dopo una lunga trattativa si è raggiunto un accordo che prevede un taglio ai rendimenti che saranno incassati dagli obbligazionisti, ma che comunque salva una parte del rendimento dei loro bond.

L’accordo è già stato raggiunto e approvato dalle parti in causa. Questo dovrebbe permettere al Suriname di attraversare questo periodo di difficoltà economica, mentre continua la ricerca di petrolio nelle sue acque territoriali. La nazione si trova in una situazione molto particolare: da una parte un presente complicato, segnato soprattutto dalla necessità di salvare le casse pubbliche dalla bancarotta; dall’altra un crescente interesse da parte delle società energetiche, che ritengono si possano trovare giacimenti di petrolio molto rilevanti nelle acque al largo della nazione sudamericana.

Con una popolazione di circa 600mila persone, il Suriname è una nazione ancora molto piccola demograficamente ed economicamente

L’accordo sulle obbligazioni in valuta estera

L’accordo per la rinegoziazione del debito del Suriname riguarda l’emissione di due serie di bond, in scadenza nel 2024 e nel 2025. Sapendo di non poter far fronte al pagamento degli interessi promessi, pari al 7,95% annuo, il governo ha proposto agli obbligazionisti un accordo differente e basato soprattutto su un taglio del rendimento. Agli investitori che hanno comprato questi bond decennali è stato proposto un taglio del rendimento del 25%, senza prevedere un pagamento completo del capitale inizialmente prestato. Verranno infatti emesse nuove obbligazioni, che saranno fornite direttamente ai detentori dei bond in questione, con l’obiettivo di rimandare il pagamento del capitale nel futuro.

Parte delle perdite subite dagli investitori saranno compensate da uno strumento ad hoc, legato al prezzo dei futures sul petrolio in scadenza nel 2050. Essenzialmente il governo del Suriname ha accordato con i suoi creditori di recuperare, con una parte dei proventi dell’estrazione di petrolio offshore, il mancato rendimento degli Eurobond che si avvicinano alla loro scadenza. La speranza è quella che l’attività di estrazione petrolifera continui a crescere nel corso dei prossimi anni, fornendo alla banca centrale una fonte prevedibile e consistente di flussi di cassa in valuta estera. In questo modo, la nazione sarebbe poi facilmente in grado di far fronte al pagamento degli interessi sul debito.

L’estrazione di petrolio offshore potrebbe cambiare il futuro del Suriname

Una nazione divisa tra crisi e opportunità

Circa il 30% dell’economia del Suriname è rappresentata dall’esportazione di materie prime, rendendo l’andamento del PIL nazionale strettamente legato ai prezzi delle commodities. Con il calo del prezzo dei metalli e del gas, dal 2015 in poi, la nazione ha iniziato a vedere crescere il suo debito pubblico e a vedere calare le proprie riserve di valuta estera. Nel 2020 la situazione è poi diventata decisamente più grave, rivelando un forte squilibrio fiscale e un indebitamento preoccupante che ha portato molte agenzie di rating a tagliare i giudizi sul merito creditizio del Tesoro del Suriname.

Se il presente è allarmante, però, ci sono anche prospettive di un futuro di forte crescita. Dal 2020 a oggi, tra Guyana e Suriname, grandi compagnie petrolifere come Total hanno iniziato a competere per aggiudicarsi i diritti di estrazione sul petrolio che in questi anni è stato scoperto in giacimenti al largo delle coste del Suriname. Questo significa che, nel corso del tempo, il Suriname potrebbe diventare una potenza energetica. Molto dipenderà dalla capacità di eleggere una classe politica lungimirante, in grado di investire con saggezza i pagamenti ricevuti dalle compagnie petrolifere.

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