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Tim, cosa c’è di vero e fattibile dietro la cordata che vuole subentrare a Vivendi

Alcuni rumors parlano dell’interesse di una cordata di imprenditori di subentrare a Vivendi nel controllo di Tim. Cosa c’è di vero dietro a questa ipotesi.

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Quanto è credibile una cordata di imprenditori coraggiosi che possano entrare in Tim e rilevare la quota in mano a Vivendi? Ancora oggi non è scomparsa l’eco dell’affaire Alitalia, che poi si è concluso in un sostanziale fallimento. 

Sono 25 anni che Tim non è più in mano pubblica – la privatizzazione arrivo nel 199 in seguito ad un’Opa promossa da Roberto Colaninno ed Emilio Gnutti, appoggiati dal governo d’Alema, in carica in quel momento – oggi spunterebbe una sorta di progetto bis, che stando alle indiscrezioni riportate dai principali quotidiani potrebbe essere interessata ad acquistare la partecipazione del 23,75% in possesso di Vivendi. Stiamo parlando della quota di maggioranza dell’ex monopolista.

Ma vediamo un po’ di cosa si tratta.

Tim, arrivano gli imprenditori coraggiosi

A fare nomi e cognomi degli imprenditori interessati alla quota di controllo della Tim è il Corriere della Sera. Anche se alcuni dei protagonisti citati nel dossier hanno prontamente smentito il proprio coinvolgimento. Tra i nomi che sono stati fatti c’è quello di Andrea Pezzi, che vanta un passato di consulente di Vivendi, e quello di Claudio Costamagna, ex presidente di Cassa Depositi e Prestiti.

Sempre stando a quanto riferito dal Corriere della Sera, il progetto prevederebbe la costituzione di una cordata di investitori. Tra i fondi interpellati ci sarebbe il private equity francese Tikeau – attualmente azionista del gruppo Mint di Pezzi – e sarebbe stato invitato anche Blackstone, un fondo statunitense, ed altre istituzioni finanziarie. Al momento, comunque, non è dato sapere con quali riscontri.

L’ipotesi al vaglio prevede la costituzione di un veicolo ad hoc, che dovrebbe essere partecipato dai promotori e dagli investitori. In un primo momento acquisterebbe una parte della quota che Vivendi ha in Tim: si partirebbe con l’acquisto di un 6-7% con una valutazione intorno ai 500 milioni. In un secondo momento verrebbe acquistata tutta la quota.

Quale sarebbe il destino di Tim

L’acquisto della quota di Vivendi in Tim sarebbe il primo passo. Successivamente l’obiettivo sarebbe quello di fare uno spezzatino del gruppo. L’ipotesi è di cedere alcuni asset: Tim Consumer, Enterprise e Tim Brasil.

Intermonte, ad ogni modo, sembra escludere a priori un break-up di Tim in più società quotate. L’operazione, infatti, sarebbe particolarmente complessa e richiederebbe dei tempi molto lunghi. Ma soprattutto perché il mercato azionario non sarebbe in grado di riflettere in maniera adeguata il valore delle diverse divisioni. Secondo Intermonte, invece, sarebbe preferibile un’Opa totalitaria su Tim, che possa portare al completo delisting delle azioni. Anche se, secondo gli analisti di Intermonte, attraverso la cessione di NetCo, Tim avrebbe già raggiunto un livello di leva ottimale: in questo contesto avrebbe più senso valorizzare gli asset che rimangono attraverso una crescita organica e per linee esterne.

Nel commentare i rumors Equita spiega che la valutazione ipotizzata per una quota pari al 6/7% di Tim viene indicata intorno ai 500 milioni di euro: nel caso in cui dovesse essere una quota del capitale complessivo – e quindi non solo di quello ordinario – saranno intorno ad una quotazione mid-range di circa 0,36 euro (range 0.34-0.39 euro).

Secondo Equita lo schema adottato sembra ricordare quello che la stessa Tim ha seguito per uscire da Inwit: un veicolo nel quale Vivendi potrebbe apportare la quota residua nella società e che sarebbe in grado di garantire ai francesi di mantenere la presa sull’intera stake del 23,7%, ma riuscendo a monetizzare una parte della propria partecipazione.

Il fatto che Vivendi ha intenzione di uscire è nota da tempo. in occasione della trimestrale – alla fine di aprile – il ceo Arnaud de Puyfontaine ha anticipato che nel corso del 2025 si scriverà un nuovo capitolo della società, ma senza Tim. anche se, per il momento, non è ancora chiaro come questo possa avvenire.

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