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Trump vs Harris, l’impatto del dibattito televisivo sui mercati azionari

Il dibattito televisivo tra Donald Trump e Kamala Harris avrà un pesante impatto sui mercati azionari. Ecco perché.

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Come si muoveranno i mercati azionari statunitensi? Ma soprattutto quali sono le aspettative degli analisti? Sono diversi i temi e le preoccupazioni che si addensano intorno all’economia statunitense e alle sue potenzialità future. I mercati, in un certo senso, sembrano aver ripreso il controllo grazie anche alle speculazioni sul taglio del tasso degli interessi. Ma anche alla luce dell’importante dibattito televisivo previsto che vedrà contrapposti Donald Trump e Kamala Harris.

Secondo Mike Dolan, opinionista di Reuters, dopo una settimana contrassegnata da previsioni che si suddividevano al 50% tra chi si aspetta un imminente recessione e chi guarda all’entità dei tagli dei tassi di interesse da parte della Fed, oggi le speculazioni si spostano sulle elezioni di novembre, che – almeno al momento – vedono contrapposti i due candidati in parità, almeno nelle aspettative di vittoria.

Kamala Herris Vs Donald Trump, il dibattito

A tenere accesa l’attenzione degli investitori e degli analisti è il primo dibattito televisivo che vedrà contrapposti  il candidato democratico Kamala Harris e lo sfidante repubblicano Donald Trump. Un appuntamento molto importante che, andando a ben vedere, è riuscito a rilanciare completamente la campagna elettorale dopo la disastrosa performance dell’attuale presidente Joe Biden.

A determinare l’andamento dei mercati, con ogni probabilità, sarà molto di più l’esito di questo dibattito, che le promesse che possono uscire da un eventuale manifesto politico. Saranno proprio le prospettive che emergeranno dal duello Harris-Trump ad influenzare i futuri sondaggi e le quote dei vari bookmaker nel corso delle prossime settimane.

Sebbene la posta in gioco elettorale sia alta su una serie di questioni chiave di politica interna ed estera (più ovviamente per i mercati sulle politiche commerciali e tariffarie, per le quali il Presidente non ha bisogno del sostegno del Congresso), ci sono alcuni interrogativi su come gli investitori interpretano le rispettive proposte fiscali.

Verso la fine del mese scorso, la società di rating Fitch ha affermato che il profilo fiscale degli Stati Uniti sarebbe rimasto sostanzialmente invariato, indipendentemente da chi avesse vinto le elezioni, pur confermando un rating sovrano AA+ sui punti di forza strutturali che includono un reddito pro capite elevato e flessibilità finanziaria.

Fitch ha affermato che si aspetta che la maggior parte dei tagli fiscali introdotti da Trump nel 2017 vengano estesi sotto entrambi i candidati, con un impatto sulle entrate e contribuendo a deficit di bilancio più ampi. In generale, secondo Fitch, per molti anni i governi non sono riusciti ad affrontare in modo significativo i grandi deficit fiscali, il crescente onere del debito e l’imminente aumento della spesa associato all’invecchiamento della popolazione.

I mercati sembrano più propensi all’idea che la Fed possa dare il via alla sua campagna di allentamento con un taglio di un quarto di punto questo mese, ma ne effettuerà altri due entro la fine dell’anno, uno dei quali sarà di 50 punti base.

Qualunque possa essere l’atteggiamento della Fed e la sua politica nel corso dei prossimi mesi, il quadro dell’inflazione continua a migliorare in attesa del rapporto sui prezzi al consumo di agosto di mercoledì.

Timori per un crollo del prezzo del petrolio

Un nuovo crollo del prezzo del petrolio potrebbe costituire un importante fattore che potrebbe portare alla riduzione dei tassi di inflazione ovunque.

I prezzi al dettaglio della benzina alla pompa negli Stati Uniti sono scesi di 25 centesimi al gallone negli ultimi due mesi, con un calo di oltre il 15% rispetto a un anno fa. Mentre il prezzo della benzina rimane al di sopra dei livelli pre-pandemia, è, curiosamente, al di sotto di dove era 10 anni fa.

I mercati energetici sono cauti in vista della prevista pubblicazione dell’ultima valutazione della domanda globale da parte dell’OPEC: un quadro preoccupante che ha probabilmente influenzato la decisione di posticipare gli aumenti della produzione del mese prossimo.

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