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UBS ricompra $2.96 miliardi di obbligazioni proprie
UBS Group, banca svizzera multinazionale con sede a Zurigo, ha annunciato di voler riacquistare obbligazioni proprie (come aveva fatto Credit Suisse) per un valore di 2,75 miliardi di euro, vendute solo pochi giorni fa. L’obiettivo è quello di riconquistare la fiducia degli investitori, rimasti particolarmente colpiti dal salvataggio da $3 miliardi della sua rivale Credit Suisse, avvenuto nel fine settimana.
Le obbligazioni di cui si parla erano state vendute il 9 marzo: una tipologia era a tasso fisso del valore di 1,5 miliardi di euro, con tasso pari al 4,625% e scadenza marzo 2028, l’altra era a tasso fisso del valore di 1,25 miliardi di euro al 4,750% con scadenza marzo 2032.
Salvataggio interno attraverso le obbligazioni bail-in
I bond in questione sono bail-in senior non garantiti. In caso di crisi finanziaria, gli investitori delle obbligazioni bail-in sono chiamati a contribuire al salvataggio dell’emittente, in modo da evitare di ricorrere ai fondi pubblici: se una banca o un istituto finanziario sta attraversando difficoltà finanziarie, le obbligazioni bail-in possono essere convertite in azioni o il loro valore può essere cancellato per coprire le perdite.
Il bail-in, il cui significato è salvataggio interno, è infatti una modalità risolutiva attuata per prevenire il fallimento di un istituto bancario attraverso il coinvolgimento di azionisti, obbligazionisti e correntisti della banca ed è di recente introduzione: il primo a mettere in atto questa procedura è stato il Presidente dell’Investment Banking della Credit Suisse Paul Calello, nel 2008, il quale per evitare una crisi che avrebbe portato l’istituto al fallimento scelse di attuare un piano di salvataggio interno.
Fino a quel momento, infatti, in caso di rischio di fallimento di istituti bancari si prediligeva l’utilizzo del bail-out, che si caratterizza per l’intervento dello Stato, il quale finanzia le banche per evitarne il fallimento. Questa procedura fu rivalutata nel 2008 quando la Lehman Brothers Holdings fu costretta a dichiarare bancarotta dopo 160 anni di attività, avendo accumulato debiti bancari per una somma pari a 613 miliardi di dollari.
Dopo il salvataggio di Credit Suisse durante il fine settimana, il valore delle azioni e dei bond di UBS aveva subito delle oscillazioni repentine: le azioni sono scese del 17% dopo l’apertura dei mercati lunedì, per chiudere il giorno successivo il 35% più alto. Il rendimento del suo bond AT1 era aumentato fino ad un livello record del 29,8% martedì, mentre era pari a meno del 10% solo una settimana fa. Gli AT1 sono una forma diversa di debito bail-in che ha fatto tremare i mercati questa settimana quando gli AT1 di Credit Suisse sono stati azzerati, il che significa che i detentori di quei bond non hanno ottenuto nulla.
Il ramo di Investment Banking di Credit Suisse
UBS è in trattative con Michael Klein riguardo al controllo della divisione di Investment Banking di Credit Suisse. Il dealmaker di Wall Street aveva infatti stretto un accordo con la banca svizzera prima che UBS finalizzasse la fusione con Credit Suisse domenica scorsa: una fusione da 3 miliardi di franchi svizzeri (3,23 miliardi di dollari), accettando di farsi carico di un debito fino a 5 miliardi di franchi svizzeri (5,4 miliardi di dollari). La mossa è stata orchestrata dalle autorità svizzere per evitare ulteriori turbolenze nel settore bancario globale.
Klein, un esperto di fusioni e acquisizioni, stava unendo la sua società di consulenza con la divisione di Investment Banking di Credit Suisse per creare la CS First Boston, un’azienda autonoma. UBS ha assegnato ad un team legale il compito di esaminare come annullare il contratto firmato tra Credit Suisse e Klein. La banca svizzera, infatti, ritiene che il contratto era stato siglato sotto la pressione di una situazione di mercato difficile e non più attuale.