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UE, arriva l’affondo contro le pale eoliche cinesi: investigazioni su pratiche di concorrenza sleale
È arrivato il momento che chi segue da vicino il settore dell’energia rinnovabile in Europa stava già aspettando. Oggi la Commissione Europea ha annunciato l’inizio di un’investigazione preliminare sulle pale eoliche prodotte in Cina, esattamente come ha già fatto per i pannelli solari. L’accusa è sempre la stessa: i produttori cinesi starebbero giovando di incentivi pubblici che distorcono le pratiche di concorrenza, potendo vendere a dei prezzi artificialmente bassi sui mercati occidentali. Lo stesso tipo di accusa era già stato portato avanti dalla Commissione Europea in merito alle auto elettriche, altro settore in cui si sospetta che i produttori cinesi stiano usando pratiche di concorrenza sleale.
L’economia cinese non è totalmente un’economia di mercato. Il governo decide quali sono i settori che considera strategici per l’export e può decidere di offrire dei forti incentivi ai produttori nazionali che si occupano di questi prodotti. Il “nuovo trio”, come descritto da Xi Jinping in persona, riguarda proprio pannelli solari, pale eoliche e batterie al litio. Con gli incentivi pubblici, le imprese cinesi sono in grado di tagliare fuori da mercato le controparti occidentali; una pratica che le permetterebbe poi in futuro di aumentare i prezzi, una volta che il campo sarà sgombro da potenziali concorrenti.
La Commissione Europea investiga casi in 5 nazioni
La Commissione Europea ha fatto sapere di voler indagare specificamente su alcune aste per l’installazione di turbine eoliche che si sono tenute in Grecia, Spagna, Romania, Bulgaria e Francia. Qui ci sarebbero delle proposte di appalto da parte di imprese cinesi -che la Commissione ha preferito non nominare– che risulterebbero artificialmente basse. L’obiettivo di Bruxelles è fare in modo che l’arena competitiva sia uguale per tutti, in un momento in cui la Cina ha una forte sovracapacità produttiva e spesso si ritrova a usare pratiche di dumping per smaltire gli stock di invenduto attraverso le esportazioni verso Europa e Stati Uniti.
Queste pratiche di concorrenza sleale pesano soprattutto per i grandi produttori di turbine eoliche in Europa: eccellenze mondiali come Orsted, Vestas e Siemens Energy. L’ultima l’anno scorso si è addirittura ritrovata a chiedere un bailout pubblico, schiacciata da margini negativi e debiti per miliardi di euro. Il tutto mentre i produttori cinesi, esattamente come avviene nel campo dei pannelli solari, stanno guadagnando quote di mercato anno dopo anno. L’UE vuole proteggere i produttori europei, ma al momento si è dimostrata molto meno attiva rispetto agli Stati Uniti nell’introdurre dei dazi o dei limiti alle importazioni dalla Cina.
La reazione cinese: misure “discriminatorie”
Il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, si è detto “crescentemente preoccupato” dal crescente protezionismo europeo che ricalca sempre di più le orme americane. Ha definito questa nuova investigazione “discriminatoria” nei confronti delle imprese cinesi e ha invitato l’Unone Europea ad attenersi alle regole stabilite dalla World Trade Organization.
L’UE però non sembra voler sentir ragioni, con le aziende manifatturiere del nord Europa che continuano a soffrire i tassi d’interesse elevati e la concorrenza dei produttori cinesi. In un momento non favorevole per l’energia eolica, la manipolazione del mercato rischia di essere il punto di rottura per la tenuta del settore in Europa. I produttori cinesi hanno costruito oltre il 60% delle turbine eoliche installate nel mondo nel 2023, mentre all’inizio degli anni 2000 erano le società europee ad avere quasi la totalità del mercato nelle loro mani. Se questo è il frutto di sussidi sleali, l’UE vuole assicurarsi che la situazione non si protragga oltre.