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USA: Produzione di carne ai minimi dal ’62, filiera in crisi

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Il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti mostra dei dati allarmanti per il settore dell’allevamento negli Stati Uniti: nel report biennale che l’USDA prepara per tutte le principali commodities agricole, si legge che i livelli di produzione di carne sono ai minimi dal 1962, cioè quando è iniziata la raccolta di questi dati. Non soltanto la situazione preoccupa gli allevatori, ma anche le migliaia di persone che lavorano in società legate al settore: specialmente la filiera della processazione, capitanata dal colosso Tyson Foods.

I livelli di produzione di carne negli Stati Uniti sono stati seriamente impattati da una serie di circostanze sfavorevoli. I costi di produzione continuano ad aumentare, mentre le scarse piogge fanno sì che i pascoli non possano ospitare le stesse mandrie del passato. Una siccità che va ormai avanti da oltre un anno e che ha messo a seria prova gli allevatori statunitensi. La loro risposta è stata diminuire il numero medio di capi di bestiame in ciascun allevamento, con effetti a cascata su tutte le imprese a valle nella filiera. 

Previsto record di importazioni nel 2023/24

Fino allo scorso anno, gli Stati Uniti occupavano stabilmente il secondo posto nella classifica mondiale dei maggiori esportatori di carne -subito dopo il Brasile-. Quest’anno, secondo le stime divulgate dal USDA, la nazione scenderà al quarto posto in classifica. La produzione non basta per soddisfare la domanda interna, tantomeno quella esterna; un problema importante per le società che processano la carne, dal momento che i prezzi legati alle esportazioni sono stati storicamente più alti di quelli praticati nel mercato domestico.

Si nota, in particolare, un aumento importante delle importazioni dall’Australia: +49% soltanto durante il mese scorso. Inoltre l’ambasciata del Paraguay negli Stati Uniti ha divulgato un comunicato secondo cui le due nazioni sarebbero in dialogo per la riapertura del commercio di carne: gli USA potrebbero tornare a importare carne paraguayana a distanza di 25 anni dall’ultima volta. Anche il Messico sta vedendo aumentare le proprie esportazioni di carne verso gli Stati Uniti, dopo il calo registrato lo scorso anno. La previsione è che la situazione vada peggiorando nel corso del 2024, dal momento che per il momento gli allevatori non stanno ancora ripopolando le loro mandrie. 

La situazione pesa particolarmente sui processatori e sul mercato degli hamburger. Normalmente le grandi aziende produttrici di hamburger negli USA mischiano la carne allevata localmente -che ha un contenuto maggiore di grassi- con la carne più magra importata da Australia e Nuova Zelanda. Ora che la produzione americana è ai minimi storici, sarà necessario riaggiustare anche le forniture dai paesi terzi.

Tyson Foods: il gigante in difficoltà

La società di gran lunga più importante nel mercato statunitense della carne bovina è Tyson Foods. Si tratta del secondo processatore di carne più grande al mondo dopo la brasiliana JBS, e dà lavoro a 142.000 persone. La società non ha ancora riportato i suoi dati trimestrali relativi al Q3 2023, ma l’annuncio è in programma per la prossima settimana. Goldman Sachs ritiene che l’unità di business legata alla produzione di carne vedrà il suo margine operativo diminuire dal +8% dello scorso anno a -1.1%. Nel frattempo la società ha già iniziato un programma di licenziamenti e di tagli alla scala delle operazioni americane: due impianti di grandi dimensioni, uno in Florida e l’altro in South Carolina, verranno chiusi nelle prossime settimane.

Tyson Foods è stata fondata nel 1935 in Arkansas ed è diventata una delle società più importanti del settore nel corso degli anni ‘50-’60. Le sue dimensioni sono tali da renderla, di fatto, un termometro della situazione del mercato della carne negli Stati Uniti. Negli ultimi anni ha investito sempre di più all’estero per approfittare dei costi di produzione più bassi, oltre alla possibilità di diversificare il rischio geografico del suo business. Già ad agosto, il CEO Donnie King aveva avvisato che il basso numero di capi allevati negli USA avrebbe posto un problema per la società.

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