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Yen sui livelli minimi da 38 anni a questa parte: tagliata quota 160 contro il dollaro e la discesa continua

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Sembra non esserci un limite alla corsa ribassista dello yen giapponese, anche a discapito degli interventi della banca centrale e di tutti i tentativi fatti dal governo per difendere la valuta nazionale. Rimangono dei problemi di fondo che sembrano molto difficili da estirpare, a partire dalla semplice differenza tra i tassi d’interesse centrali statunitensi (5.00-5.25%) e quelli giapponesi (0-0.10%). Nelle ultime ore è stata tagliata la soglia psicologica di 160 yen per comprare un dollaro, il minimo che la valuta giapponese abbia mai toccato dal 1986 a oggi. La differenza, rispetto a quell’occasione, è che in questo caso non sembra essere arrivato il limite della corsa ribassista.

Rimangono ancora dei fondamentali chiari che spingono a ribasso il valore dello yen giapponese e ormai è dimostrato che le istituzioni locali non abbiano i mezzi necessari per difendere artificialmente il valore della valuta senza peggiorare drasticamente le finanze pubbliche o dare scossoni al mercato. Tutti i principali analisti di Wall Street intervistati dalla stampa internazionale si dichiarano ancora ribassisti riguardo allo yen e la soglia di 170 contro il dollaro potrebbe essere raggiunta già entro la fine di quest’anno. Oggi il governo ha provato a prendere iniziativa sostituendo il principale diplomatico per gli accordi in yuan all’estero e il vice-ministro delle finanze, sperando che i mercati lo vedano come un segnale di cambiamento.

La BoJ continua a non voler alzare i tassi, mentre la Fed esita a tagliarli

Passata la soglia storica di 160

Il Ministero delle Finanze del Giappone ha confermato che nelle date comprese tra il 26 aprile e il 10 maggio di quest’anno sono state prese delle contromisure drastiche per difendere il valore dello yen, con interventi Forex arrivati a toccare un valore di $62.25 miliardi. Si tratta soprattutto di vendite di valuta estera volte a comprare yen, generando così una domanda artificialmente alta per la valuta che avrebbe dovuto ristabilirne il valore sui mercati. Come si è visto dall’andamento della quotazione nelle settimane successive, però, fondamentalmente questo intervento non ha ottenuto alcun risultato pratico: assorbito lo shock di breve termine, i mercati hanno ripreso il trend già in coso.

In questo momento è semplicemente molto più conveniente possedere dollari americani e bond statunitensi che yen e bond giapponesi, dal momento che i rendimenti sulla liquidità in USD sono nettamente superiori. Un Treasury a 10 anni rende il 4,244%, mentre il rendimento dei bond decennali giapponesi è appena del 1,064%. Per quanta valuta estera possa avere la Bank of Japan, è semplicemente impossibile confrontarla al volume di scambi generato dal resto del mercato. Gli stessi cittadini giapponesi, per difendere il proprio potere d’acquisto, sono sempre più incentivati a convertire i loro yen in dollari.

Grafico dell’andamento del cambio USD/JPY

Un segnale importante per la BCE

Questa situazione ci tocca più da vicino di quanto si potrebbe immaginare. La Banca Centrale Europea vorrebbe affrontare un percorso di allentamento dei tassi, visto che l’inflazione europea è ormai vicina al target del 2% e che l’economia ha bisogno di una spinta. Dopo il primo taglio da 25 punti base arrivato all’inizio di questo mese, però, sembra improbabile che la BCE voglia allontanarsi troppo dalle mosse della Fed. Quello che sta succedendo allo yen è la dimostrazione pratica del fatto che seguire una politica monetaria troppo diversa da quella degli Stati Uniti implica una svalutazione rapida e pressoché incontrollabile della valuta nazionale. Sono avvisate anche la Bank of England e la Bank of Canada, che a loro volta vorrebbero continuare nel percorso di discesa dei tassi.

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