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AI, gli USA vogliono stringere ulteriormente le regole sull’export di microchip verso la Cina

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Gli Stati Uniti sono pronti a presentare un nuovo testo di 166 pagine per rendere ancora più difficile, per la Cina, importare i microchip per l’AI più avanzati prodotti da AMD e Nvidia. Secondo fonti vicine al governo, il nuovo testo sarebbe già pronto per essere votato giovedì prossimo. L’obiettivo è quello di continuare a difendere il vantaggio competitivo americano, con la Cina che attualmente si trova ancora molto indietro nello sviluppo di semiconduttori in grado di alimentare modelli come ChatGPT o Gemini. Dopo le diverse indiscrezioni secondo cui gli ufficiali dell’esercito cinese sarebbero riusciti ad acquistare i chip H100 di Nvidia -i più potenti sul mercato, in attesa degli H200-, gli Stati Uniti vogliono cercare di migliorare l’efficienza con cui proteggono i segreti industriali della loro industria dei semiconduttori.

L’amministrazione Biden ha introdotto questi divieti all’export sulla base di questioni di “sicurezza nazionale”. La Casa Bianca indica come ragione principale di queste sanzioni il fatto di poter potenzialmente usare i chip più avanzati di Nvidia e AMD per la produzione di armi di distruzione di massa e altre soluzioni militari potenzialmente problematiche per gli Stati Uniti. Molti analisti ritengono però che sia una questione prevalentemente economica, cercando di non permettere lo sviluppo dei grandi modelli di AI generativa in Cina. Questo attualmente è un vantaggio tecnologico importante per gli Stati Uniti, non tanto a livello di software quanto soprattutto a livello di semiconduttori.

Al momento la Cina non ha una vera risposta ai chip H100 e H200

Pronto un testo per l’aggiornamento delle sanzioni

In nuovo testo prevede una serie di limitazioni aggiuntive per evitare che qualcuno possa provare a eluderle per profitto. Ad esempio, sarà vietata la vendita di computer che incorporano i processori per l’AI generativa più avanzati. La cosa più difficile da tenere sotto controllo, però, è l’export indiretto: la possibilità che un’azienda ubicata in un paese alleato degli USA possa comprare i microchip e poi rivenderli alle imprese cinesi. Questo è un fattore di rischio quasi impossibile da controllare e avviene da entrambe le parti: nel caso dei pannelli fotovoltaici, ad esempio, gli Stati Uniti stanno cercando di limitare le importazioni dalla Cina. Come conseguenza, molte imprese cinesi vendono i loro pannelli in India e poi le imprese indiane li rivendono con il loro marchio negli USA.

Nel frattempo, in ogni caso, le imprese cinesi non rimangono a guardare. La settimana scorsa due imprese cinesi hanno mostrato i loro nuovi semiconduttori per l’AI che segnano dei grandi passi avanti, tra cui il chip più efficiente per portare l’intelligenza artificiale sui dispositivi mobili con un consumo minimo di energia. Per rispondere a questi sviluppi, gli Stati Uniti starebbero anche preparando una lista di tutte le imprese cinesi che sono in grado di produrre microchip avanzati: l’obiettivo è proibire la possibilità di esportare macchinari americani che possano aiutare queste aziende a continuare il loro sviluppo tecnologico.

La produzione di semiconduttori è una delle filiere più complesse al mondo

Nel frattempo si stringono i rapporti con il Giappone

All’estremo opposto delle relazioni diplomatiche, gli alleati degli Stati Uniti cercano di rafforzare la collaborazione sui chip per l’AI generativa. Una notizia di oggi è il fatto che, secondo fonti vicine al governo giapponese, i presidenti dei due paesi firmeranno un accordo per rafforzare la loro partnership in questo settore. Tra i punti su cui le due nazioni intendono rafforzare la propria collaborazione ci sono proprio i semiconduttori, anche nell’ottica di compensare delle relazioni bilaterali che non stanno andando granché bene. Dopo che Biden ha dichiarato di non volere un’acquisizione giapponese di US Steel, la diplomazia Tokyo-Washington ne ha risentito. Un accordo sull’intelligenza artificiale che possa accelerare le capacità del Giappone in questo ambito potrebbe aiutare a rafforzare quella che Biden ha definito una “partnership globale”.

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