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Ancora “corruzione” in Cina. Altro arresto eccellente

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Repulisti per fare spazio al dominio assoluto e totale di Xi Jinping oppure ennesimo caso di corruzione vera da reprimere al più presto possibile. Da Shanghai arrivano altre notizie di indagini e di arresti che riguardano un dirigente a capo di una delle società più importanti della Repubblica Popolare. A finire questa volta nelle mani della polizia è Zhou Jun, che è presidente di Shanghai Industrial Investment, società sotto il controllo statale. E l’accusa mossa ricalca quelle già viste nel recente passato: sospetto di serie violazioni di leggi e disciplina, una formula che si traduce in corruzione nella stragrande maggioranza dei casi.

Shanghai Industrial Investment ha partecipazioni di enorme importanza nel settore immobiliare, nel settore farmaceutico e anche in quello delle infrastrutture, per un conglomerato che si guadagna non di rado le prime pagine dei giornali finanziari e economici. Rimane per forte il sospetto che ci siano anche moventi politici dietro le accuse mosse a un dirigente che in passato ha rivestito ruoli di primo profilo anche in altre aziende statali.

Altro caso di corruzione in Cina

Continuano indagini e arresti di dirigenti di primo profilo in Cina

Un trend inarrestabile: le autorità cinesi piombano di nuovo negli uffici più importanti della Repubblica Popolare Cinese. Questa volta a finire nel registro degli indagati è Zhou Jun, a capo di Shanghai Industrial Investment, accusato – seppure con la solita perifrasi alla cinese – di corruzione. La notizia arriva a pochi giorni da quella, identica, che ha riguardato Zhang Hongli, vice presidente per la Industrial and Commercial Bank of China e a pochi giorni dalla scomparsa di Chen Shaojie, tycoon del settore tech.

Continuano così le indagini di primissimo profilo, che colpiscono i quadri più rilevanti del Paese e che in diversi tra gli analisti ritengono – chissà se a buon diritto – mosse anche politiche e da inquadrare in una lotta più politica che legale. Con una corruzione endemica che domina ogni settore della politica e dell’economia, la lista di potenziali colpevoli è sterminata, e colpire questo o quello comporta sempre una sorta di scelta da parte delle autorità, non è chiaro per il momento se con indirizzo politico o meno.

Le testate principali americane non sembrano però avere dubbi: l’ondata, apparentemente interminabile, di arresti e di indagini sono parte di un più vasto programma di controllo dei gangli economici della Repubblica Popolare da parte del Partito e di conseguenza di Xi Jinping. Ricostruzione che almeno in parte dovrà però essere valutata, dato che il rischio di semplificare situazioni complesse è sempre dietro l’angolo.

Difficile dividere la politica dalla normale applicazione della legge

Terrore anche tra le società occidentali

Il clima non è dei più tranquilli e sono in molti tra consulenti e dirigenti occidentali a temere per le proprie sorti. Un clima avvelenato che è almeno in parte responsabile di una disaffezione da parte dei capitali stranieri per gli investimenti in Cina.

A poco sono valse dunque le rassicurazioni di Xi Jinping a San Francisco, dove è stato ricevuto in pompa magna dal gotha dell’industria e dei servizi degli Stati Uniti. Ci sarà tanto da limare se non direttamente invertire per tornare a rapporti solidi, anche in termini di investimenti, tra i due paesi, almeno sotto il profilo commerciale.

Rimane però da valutare – e lo ripetiamo anche qui – quanto effettivamente si tratti di mosse esclusivamente politiche e non anche della normale applicazione della legge in un paese che è una superpotenza economica e che sta cercando anche di muoversi verso una sorta di normalità.

Quel che è certo è che di arresti e di indagini ne vedremo ancora diverse, almeno a nostro avviso, e che sono forse pochi i dirigenti di un certo rilievo a sentirsi completamente al sicuro.

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