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Arabia Saudita: raccolta da 11 miliardi. Il piano di Riyad

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Prove tecniche di nuovi equilibri politici e finanziari? Forse è troppo presto per dirlo, ma quanto si sta preparando in Arabia Saudita è interessante, per chi opera sui mercati, sotto diversi aspetti. Il Regno starebbe infatti cercando di raccogliere un prestito unsecured da 11 miliardi – e per farlo avrebbe scelto Industrial & Commercial Bank of China, che farà da coordinatrice per un prestito che offrirà circa l’1% – secondo i ben informati – di premium rispetto al Secured Overnight Financing Rate.

Un’operazione interessante sotto diversi aspetti: sarà la raccolta di capitale più importante di tutta l’area EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa) per l’anno in corso – e sarà utilizzata per finanziare un non meglio precisato, ma ambizioso, piano di investimenti voluto da Sua Altezza Reale il principe Mohammed bin Salman. La scelta di un operatore economico cinese per la raccolta di capitali così importanti farà da sponda alla narrativa che vuole un allontanamento, per certi versi, incolmabile tra Riyad e Washington.

Riyad punta alla raccolta più importante dell’anno nella regione EMEA

Un enorme prestito per un ambizioso piano di sviluppo

Per quanto ci sia il massimo riserbo tanto sul prestito quanto sull’effettivo utilizzo che verrà fatto della somma che verrà raccolta, l’interesse degli investitori e degli analisti economici è ai massimi. Quello che sappiamo è che il Principe Mohammed bin Salman avrebbe preparato – di concerto con consulenti e membri del governo – un piano strutturato e pluriennale per diversificare l’impianto economico dell’Arabia Saudita. Diversificazione dal petrolio – si intende – e da un’economia degli idrocarburi che per Riyad ha iniziato a costituire anche qualche punto interrogativo. Piani ambiziosi, per i quali l’Arabia Saudita ha bisogno anche di capitali esteri, che esulino dai pur ricchi proventi del petrolio. In ballo la possibilità di evoluzione del Regno verso prospettive economiche più moderne e non collegate esclusivamente al mercato degli idrocarburi.

Secondo le indiscrezioni circolate nelle ultime ore, ICBC avrebbe già invitato diversi altri istituti bancari a partecipare allo sforzo per la raccolta di 11 miliardi di dollari, con il prestito che offrirà un premio rispetto al tasso di base per le operazioni secured intorno all’1%. Questo almeno secondo le voci che si rincorrono sui principali giornali di analisi economica.

Nel frattempo, a Riyad le bocche sono cucite, con l’annuncio ufficiale che arriverà con ogni probabilità soltanto quando ci sarà certezza sul buon esito della raccolta.

Un piano ambizioso anche per sganciarsi dal petrolio?

Il sogno – lontano dal petrolio? – di Riyad

Per ora è il caso di parlare di sogno, ma è questa la direzione che il Regno dell’Arabia Saudita cercherà di seguire. L’idea di fondo è quella di sviluppare un’economia di servizi e energetica che possa contribuire alla crescita economica di Riyad a prescindere da quanto viene raccolto dalle vendite di petrolio.

Un piano ambizioso, che punta a rovesciare equilibri basati sul più economico greggio su scala globale e che sarebbe il lascito più importante di Mohammed bin Salman. Sogno che è confermato da un’economia non petrolifera in ascesa secondo le proiezioni del Fondo Monetario Internazionale.

La raccolta di capitali esteri si rende poi necessaria anche per il crescente divario tra spesa e raccolta da parte del governo. Spesa in crescita anche per altrettanto ambiziosi piani di welfare all’interno del Regno, per gli analisti parte di una campagna di sostegno alla popolarità di Mohammed bin Salman.

Alla raccolta pensa il sistema bancario cinese

Non è esattamente una novità, ma data la forte narrativa su BRICS e allontanamento tra Arabia Saudita e Stati Uniti, la notizia non mancherà di sollevare qualche polemica.

Si tratta però – almeno per il momento – del regolare svolgimento del mercato del credito e di legittime aspirazioni economiche di Riyad. Questo in attesa di annunci ufficiali da parte del governo saudita, che per il momento non ha risposto alle richieste di chiarimenti da parte dei principali organi di stampa.

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