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Bank of America: segnali di rimbalzo per l’azionario

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Gli indicatori, specialmente quando auto-prodotti e non confrontati con il consenso dei mercati, lasciano quasi sempre il tempo che trovano. Tuttavia, dato che a parlare questa volta è Bank of America con il suo centro di ricerca, è il caso di fermarsi a discutere quanto viene indicato. Al centro della discussione c’è il mercato azionario, che secondo il Bull & Bear Indicator dell’importante banca avrebbe toccato i minimi che segnalano una prossima ripartenza del settore. È stata, oggettivamente, una settimana terribile per tutto il comparto azionario e a qualunque latitudine, complici preoccupazioni geopolitiche che gravano su tutte le principali economie.

Preoccupazioni che si sono innestate su un periodo già di per sé poco brillante per le azioni, dato che devono combattere anche con i rendimenti dei bond diventati sempre più allettanti (anche da emittenti sicuri) e con una paura che si è impossessata da tempo del mercato in seguito alle manovre restrittive delle principali banche centrali. Di quale indicatore si tratta nello specifico e che tipo di segnali può offrire a chi investe?

BofA diffonde il segnale per i contrarian

Bank of America quasi sicura: i segnali per il mercato azionario sono interessanti

Il segnale è di quelli contrarian, ovvero di quelli che nel mezzo di un trend intenso segnalano la necessità di invertire le proprie posizioni. A tal proposito BofA utilizza il Bull & Bear Indicator, che è passato da 2,2 a 1,9 e che dunque è entrato in pieno territorio buy, ovvero un segnale di acquisto in generale per il settore azionario. Il segnale sarebbe stato rinforzato dalla quantità di liquidazioni di posizioni e di chiusura delle stesse da parte delle economie emergenti, outflow quantificabile in 2,2 miliardi di dollari al termine di una serie che dura da più di 12 settimane.

Al tempo stesso i principali gestori preferiscono cash oppure l’allocazione verso bond che anche quando emessi da entità che possiamo considerare sicure, oggi offrono rendimenti molto interessanti, anche per i più avidi dei player di mercato. Questa convergenza di attività negative ha innescato per l’indicatore utilizzato da BofA il segnale buy, generico sui principali titoli azionari del pianeta e principalmente sulle borse più rilevanti per capitalizzazione di mercato. Inoltre il segnale suddetto, dal 2002, ha offerto delle performance più che interessanti tra novembre e gennaio, quando si è presentato in questo arco temporale.

Segnale chiaro, ma che non convince tutti

Ci si può fidare del segnale?

Dipende certamente dai punti di vista: sono in molti a ritenere la situazione che i mercati stanno affrontando in queste settimane diversa dalle altre. Le pressioni di carattere geopolitico sono certamente importanti, così come sono importanti le pressioni che arrivano dall’andamento economico (non eccellente né negli USA né in Europa), dal rallentamento della domanda globale, nonché da questioni che riguardano anche il prezzo del greggio, prezzo peggiorato in seguito al conflitto in Israele.

Con il conflitto che potrebbe essere oggetto di ulteriore escalation e che ha già coinvolto i tentativi di mediazione da parte dei principali paesi dell’area, la tensione rimane molto alta e certamente non utile a ritenere la previsione di BofA come certamente corretta.

Senza parlare del fatto che sia Jerome Powell sia i membri di BCE abbiano lasciato intendere che la strada verso il picco dei tassi per questo ciclo potrebbe essere più lunga di quanto preventivato.

L’altra certezza che si può avere è che chi individuerà correttamente il bottom di questo ciclo potrà giovarsene in modo concreto. In mezzo, le previsioni (o forse sarebbe meglio dire le speranze) dei mercati per un soft landing, ovvero un atterraggio morbido quantomeno per l’economia statunitense. Atterraggio morbido che farebbe da lancio per una nuova stagione rialzista dell’azionario. Prima però di guardare così lontano, meglio rimanere concentrati sulle numerose questioni che preoccupano i mercati oggi.

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