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Brutti dati dall’inflazione USA | Dollaro in recupero, mercati in subbuglio

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I dati sull’inflazione USA sono migliori di quelli del mese precedente ma in modo consistente superiori alle aspettative. Sono dati che hanno sorpreso i mercati, con il dollaro USA che schizza in alto nei confronti di tutte le principali valute internazionali. DXY supera nel giro di pochi secondi quota 104,6, dopo aver viaggiato poco sopra i 104,00 per tutta la sessione europea. La reazione è d’altronde facile da spiegare: ci si aspettava un calo più importante tanto per l’inflazione classica che per quella Core, calo che non si è materializzato e che rinforza la posizione di Fed per quanto riguarda eventuali tagli ai tassi prima di metà anno.

Una posizione che Jerome Powell ha ribadito durante l’ultimo FOMC e che ora esce estremamente rinforzata dai dati che arrivano dal livello dei prezzi negli Stati Uniti. Il cammino verso il 2% sembra essere più che mai difficile, mentre gongola chi aveva affermato che sarebbe stato l’ultimo miglio quello più difficile da percorrere.

Inflazione USA peggiore delle aspettative

Dollaro continua a ruggire, spinto dai dati sull’inflazione

Sono dati sull’inflazione certamente non pessimi, ma comunque peggiori delle aspettative dei principali analisti e delle principali banche d’affari. Per quanto riguarda l’inflazione classica abbiamo infatti un +3,1%, a fronte di previsioni che indicavano invece un +2,9%. Dato non entusiasmante anche per quanto riguarda l’inflazione Core, che è poi quella che più interessa Jerome Powell e in generale Federal Reserve.

A fronte di previsioni che puntavano al +3,7%, il dato ufficiale ha fatto registrare un +3,9%. Dati che confermano la teoria più hawkish: si dovrà rimanere in territorio restrittivo per i tassi più a lungo possibile, o almeno, citando le parole di Jerome Powell, fino a quando il traguardo del 2% non sarà in vista.

Per chi vuole vedere il bicchiere mezzo pieno c’è da segnalare il calo di entrambi i valori rispetto alle registrazioni di gennaio che erano riferite al mese di dicembre. Calo certamente poco consistente, ma che comunque c’è e che segnala il proseguimento del percorso verso l’inflazione al 2%.

Il contesto all’interno del quale vanno letti questi dati punta a marzo: i mercati continuavano a sperare nella possibilità di tagli già il mese prossimo. Tagli che però, con questi dati, è pressoché impossibile che arriveranno.

E da qui la corsa del Dollaro USA, che recupera nei confronti di tutte le principali valute, grazie appunto alle aspettative di tassi alti più a lungo dalle parti di Washington. Un trend che a questo punto sarà difficile da invertire, a meno che non arrivino dati terribili dall’area euro. Discorso poi diverso nei confronti dello yen: il costante tentennamento di Bank of Japan nel muoversi al rialzo con i tassi ha riportato, in concomitanza con la comunicazione dei dati di cui sopra, il cambio sopra i 150. Una soglia simbolo che fino a qualche settimana fa aveva quasi sempre innescato interventi diretti della banca centrale.

Dollaro rimane forte in trend 2024

Un cammino ancora lungo?

Le previsioni prevalenti di fine 2023 sono ormai consegnate agli annali, a imperitura memoria e a ricordo del fatto che anche le grandi banche d’affari possono sbagliarsi, così come possono sbagliarsi gli analisti. Ci si aspettava un 2024 di debolezza per il greenback, con una debolezza però che non si è ancora palesata e che – in queste condizioni economiche – faticherà ancora a palesarsi.

Ora la testa però è ai prossimi dati che arriveranno principalmente da Europa e Regno Unito, che riguarderanno anche il PIL e che dunque dovrebbero aiutare ad avere un quadro più chiaro della situazione anche sul fronte europeo e britannico. Per ora, soffrono le valute alternative al dollaro e anche Bitcoin, che incassa una prima sconfitta di una settimana da urlo.

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