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C’è chi compra il dip del dollaro USA: reazione di fondi hedge e grandi player. È già finita la correzione di USD?
Una rondine non fa primavera. E una lettura negativa dei dati sull’economia USA non fa inversione di trend. Ieri vi avevamo avvisato sulla possibile reazione degli operatori di mercato alla debolezza di breve del dollaro. Reazione che avrebbe invertito in modo piuttosto rapido l’outlook. Ora, grazie a Bloomberg, ci sono dati più concreti sui movimenti dei fondi hedge asiatici in reazione appunto al parziale e momentaneo indebolimento del dollaro. Un movimento ribassista che per i grandi investitori è stato il momento giusto per… comprare il cosiddetto dip, ovvero per entrare long sul dollaro a prezzi più vantaggiosi.
Non ci si poteva in realtà aspettare qualcosa di diverso. L’inflazione negli USA rimane sticky e certamente non comanderà tagli ai tassi di interesse sul breve e brevissimo periodo. E la reazione dei mercati è stata quella che ci si sarebbe potuti aspettare dopo una valutazione più razionale di quanto effettivamente dicono i dati che sono arrivati da Washington.
Già finita la luna di miele tra short e dollaro USA?
Troppo presto forse per parlare. Ma comunque un dato importante c’è: i fondi hedge si sono riempiti le tasche di dollari proprio in reazione al calo di USD successivamente ai dati sull’inflazione e – cosa più importante – in seguito ai dati sulle vendite retail. Dati che abbiamo già definito come pessimi e che segnalano tra le altre cose una certa fatica per l’economia USA. Fatica che dai mercati, almeno sul breve e brevissimo periodo è stata interpretata come una possibilità aumentata di tagli ai tassi negli USA sul breve periodo.
Come sempre però, dopo l’ubriacatura dovuta ai dati qualcuno prova a rinsavire, si rende conto del fatto che comunque – almeno così rimanendo i dati sull’inflazione – difficilmente se ne parlerà prima di settembre. E che dunque il drop del dollaro è in realtà più che un segno di infersione del trend, una buona occasione per comprare.
Ed è per questo che in tanti, tra trader, fondi hedge e grandi banche, sembrerebbero averne approfittato per andare long sul dollaro. Lo ha ammesso Anthony Foster di Nomura ai microfoni di Bloomberg. Così come ce lo raccontano i dati che arrivano dall’Europa.
In altre parole, dopo essersi scottati con l’inversione del trend che non è mai arrivata a inizio 2024, sembrerebbero essere in pochi tra quelli disposti oggi a puntare contro USD. Lo spavento è bastato – e come dicono ad Ankara – chi si scotta con il latte caldo, finisce poi per soffiare anche sullo yogurt.
Serviranno altri dati: intanto la questione in Giappone diventa sempre più politica
Le pressioni politiche affinché si intervenga sullo yen sono ai massimi storici in Giappone, in particolare dalle associazioni di produttori, industriali e commercianti. Lo yen così debole – e che sembrerebbe essere in traiettoria per tornare a testare i minimi contro il dollaro – è un problema per tutti. Questo nonostante Kazuo Ueda di Bank of Japan qualche tempo fa abbia provato a placare gli animi ricordando che, almeno per le imprese, lo yen debole avrebbe potuto essere di stimolo per gli export.
Non di soli export vive l’uomo, soprattutto quando sono strutturati come quelli giapponesi – e per quanto settori come il turismo ne stiano risentendo positivamente, sono sempre di più a lamentarsi della debolezza dello yen contro le principali valute del pianeta.
Una situazione che andrà certamente seguita anche nelle prossime settimane, in particolare quando si avranno nuovi dati sull’inflazione tanto da Tokyo quanto da Washington. Questo anche quando, in avvicinamento a giugno la discussione sul Forex verterà principalmente sul disaccoppiamento tra Washington e Francoforte. BCE infatti, come noto, dovrebbe iniziare con il ciclo di tagli ai tassi.