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Chevron torna a investire sul petrolio in Venezuela
Chevron è la prima grande multinazionale del petrolio che decide di credere sul progetto politico che sta riavvicinando Venezuela e Stati Uniti. Dopo che l’amministrazione Biden ha concesso la rimozione delle sanzioni sul petrolio venezuelano, in cambio di elezioni libere il prossimo anno, ancora nessuna grande società energetica aveva annunciato piani d’investimento. Sembra che Chevron non abbia paura di tornare a investire sul paese sudamericano, anche malgrado i tanti dubbi sulla tenuta della situazione attuale. Sembra che ci sia interesse a sfruttare le due joint venture già esistenti tra Chevron e PDVSA, la società pubblica venezuelana che si occupa dell’estrazione e della gestione delle riserve petrolifere.
Le due joint venture dovrebbero teoricamente scadere a breve, ma Chevron ha chiesto di prolungare la scadenza di ben 15 anni al governo venezuelano. Erick Perez, Ministro del Petrolio nel governo di Maduro, ha messo indirettamente le condizioni per il rinnovo in una sua dichiarazione: $1.28 miliardi di investimenti in conto capitale e 3.35 miliardi di dollari in spese operative nel corso dei prossimi 15 anni, solo per la più grande delle due. Per la seconda, più piccola, si chiedono 10.7 milioni di dollari in investimenti e 205 milioni di dollari in spese operative.
Una via per riprendere la produzione
Attualmente il cartello OPEC ha assegnato al Venezuela una quota di produzione di 1.9 milioni di barili al mese. La nazione produce però molto meno petrolio rispetto a quello che l’OPEC le consentirebbe di fare, a causa di due problemi con cui Caracas fa i conti già da molto tempo: la mancanza di fondi per finanziare le operazioni e le sanzioni internazionali che non le permettono di esportare petrolio verso gli Stati Uniti e gran parte del resto del mondo occidentale. Il Ministro del Petrolio ha dichiarato apertamente che l’obiettivo venezuelano è quello di tornare a produrre quanto la nazione può permettersi di fare, ma è ormai da anni che la forte corruzione all’interno del regime di Maduro continua a stroncare sul nascere ogni tentativo di migliorare la situazione.
Chevron potrebbe essere solo la prima di tante multinazionali interessate a investire in Venezuela, la nazione che controlla nel proprio sottosuolo la maggiore quantità di riserve petrolifere al mondo. Considerando i prezzi alti del barile e soprattutto la possibilità che il cartello OPEC decida di tagliare ancora i livelli di produzione per i paesi membri, in questo momento ogni barile è prezioso.
Crescono i rischi con la possibile invasione della Guyana
Il partenariato tra realtà americane e venezuelane potrebbe riuscire a dare slancio alle operazioni di estrazione, ma è sotto la condizione che Maduro permetta lo svolgimento di libere elezioni nel 2024. Il governo di Caracas ha formalmente accettato queste condizioni, ma a conti fatti non sembra che Maduro si stia comportando granché bene nello scenario geopolitico. Il Venezuela ha mobilitato il suo esercito con l’obiettivo di annettere la Guyana, una mossa che gli Stati Uniti quasi certamente non perdonerebbero. Su ordine del dittatore venezuelano, alle truppe è stato chiesto di prepararsi per annettere la regione di Essequibo dove si trova un grande giacimento di gas naturale. La regione si trova proprio al confine tra Venezuela e Guyana: non è chiaro per quale motivo il Venezuela sia così interessato ai combustibili fossili della Guyana, considerando che non riesce ancora a estrarre quelli che sono già presenti nei suoi confini riconosciuti.
In ogni caso, è innegabile che si stia verificando una rapida escalation delle tensioni tra Venezuela e Guyana. Alcuni analisti ritengono che si tratti di una decisione politica, volta a guadagnare consenso interno attraverso la classica strategia della ricerca di un nemico esterno. Maduro è consapevole di poter perdere delle elezioni libere, ed è quasi sicuro che il dittatore venezuelano farà tutto ciò che è in suo potere per non perdere la propria posizione.