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Cina, calano gli investimenti delle imprese straniere nei primi mesi del 2024. Eccetto quelli europei.
Mentre l’economia cinese continua a faticare, con una crisi immobiliare che si sta espandendo ai consumatori in maniera sempre più netta, anche gli investimenti stranieri traballano. Secondo i dati ufficiali pubblicati nella serata di venerdì, nei primi due mesi del 2024 sono nate 7.160 nuove imprese costituite da investitori stranieri; il numero marca un aumento notevole di anno in anno, in crescita addirittura del 34,9% rispetto ai primi due mesi del 2023. La quantità di denaro investito, però, è in netto calo: $30,29 miliardi, una diminuzione del 19,9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Questo può indicare un calo dell’interesse da parte delle grandi multinazionali e un notevole aumento dell’interesse da parte delle piccole e medie imprese.
Si nota anche una grande differenza nell’andamento degli investimenti in base al settore e all’area di provenienza degli investitori. Per esempio, la manifattura high-tech ha marcato un importante aumento del 10,1% anno su anno. Solo in questo settore sono stati investiti oltre $4 miliardi tra gennaio e febbraio. Questo conferma che la Cina si sta affermando come un luogo dove è possibile manifatturare prodotti di alta qualità; pochi giorni fa, anche HSBC ha rimarcato come l’economia cinese stia attraversando una transizione da un luogo per la manifattura low-cost a filiere ad alto valore aggiunto. La cifra marca l’aumento più alto degli investimenti in imprese high-tech negli ultimi 10 anni, essenzialmente da quando Apple ha stabilito in Cina la produzione dei suoi iPhone.
Boom degli investimenti europei
Gli investimenti diretti da Francia, Spagna e Australia sono aumentati del 585,5% rispetto allo scorso anno, un vero e proprio boom degli investimenti -soprattutto europei- in nuove imprese basate in Cina. Questa potrebbe essere la conseguenza logica del fatto che gli Stati Uniti siano sempre più protezionisti dal punto di vista della produzione manifatturiera, cercando di incentivare il più possibile le imprese domestiche con iniziative come il CHIPS Act e l’Inflation Reduction Act. Invece l’Europa rimane ancora molto aperta alle importazioni dalla Cina, anche in quei settori considerati “strategici” come batterie al litio, pannelli fotovoltaici, semiconduttori e hardware per le telecomunicazioni. Le stesse autorità cinesi che hanno pubblicato il report hanno sottolineato con ottimismo questi dati.
Nel frattempo sono stati anche aggiustati i dati sugli investimenti diretti dall’estero nel 2023. Il risultato è che complessivamente le aziende straniere hanno investito in Cina “solo” $33 miliardi, con un calo dell’80% rispetto ai livelli dello scorso anno. Oltre un terzo di questi investimenti sono andati nella direzione dell’high tech, che ormai sembra essere diventata la direzione di crescita per la manifattura cinese: i costi di produzione non sono più quelli estremamente bassi di qualche anno fa, ma il tessuto imprenditoriale che la Cina ha costruito è ora in grado di produrre beni competitivi per la loro qualità e non più per il solo prezzo.
Pronte nuove misure per attirare gli investitori
A luglio dello scorso anno, la Cina ha pubblicato delle linee guida basate su 59 punti per cercare di migliorare l’attrattività del paese per gli investitori esteri. Si va da incentivi fiscali fino alla protezione dei brevetti e della proprietà intellettuale; la settimana scorsa, il Ministero del Commercio ha fatto sapere che 10 di questi 59 punti sono già stati implementati e altri 28 avrebbero fatto “progressi stabili”. Entro la fine dell’anno ci si aspetta che quasi tutti i punti siano ormai entrati in vigore e applicati, ma in questo momento rimane molto difficile far tornare l’appetito per gli investimenti in Cina alle imprese americane. La campagna elettorale mostra che tanto Biden quanto Trump sono fortemente convinti di voler continuare sulla protezione delle imprese manifatturiere americane, con incentivi economici più forti rispetto a quelli inclusi nelle linee guida cinesi. Per le imprese europee, invece, potrebbe stimolare ancora di più un’attività di investimento già molto forte.