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Cina: lo stimolo serve a poco. Borsa Shanghai cautamente su.
Il nuovo piano di stimoli della Cina non è sufficiente. Questa è la risposta dei mercati, che complice una situazione in rapido deterioramento per Evergrande, perdono quota dopo aver toccato un aumento dell’1% durante la giornata di trading. Il riferimento è CSI 300, che si è attestato ad un ben più modesto 0,5%. Il segnale è chiaro per molti: lo stimolo che è stato annunciato poco fa dal governo cinese non è sufficiente.
I problemi dell’economia cinese continuano ad avere la meglio, nonostante il piano di stimoli sia stato annunciato come corposo, organico e accompagnato da una visita, senza precedenti, del presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping alla Banca Centrale. Come spesso accade sui mercati, gli inviti alla calma e le dichiarazioni di solidità e di possibilità di controllo di situazioni complicate hanno sortito l’effetto inverso.
Tanto rumore per nulla
Le ultime misure di stimolo di Pechino non piacciono ai mercati. Dopo quattro giornate di scambi chiuse in profondo rosso, il più rilevante degli indici della borsa di Shanghai viaggia con un modesto 0,5%, nonostante il piano di stimoli annunciato di recente. Un piano di stimoli che ha avuto per il momento più riflessi su Hong Kong, che guadagna più dell’1% dopo aver comunque bruciato molto dal picco. La situazione, d’altronde, non è delle migliori: Evergrande si sta avvicinando a grandi passi al default e per quanto i recenti dati sull’economia cinese siano stati migliori delle attese, segnalano comunque un importante rallentamento di Pechino.
A pesare come macigni sono diverse situazioni: oltre alle condizioni dell’economia globale (e in particolare della domanda), la debolezza dello yuan figlia di questa situazione e, problema forse principale, la guerra economica e commerciale tanto con gli Stati Uniti quanto invece con l’Europa.
Desterà sospetti infatti anche il recente piano per aiutare l’industria eolica in Europa che almeno a certe latitudini sarà percepita come l’ennesima misura protezionista dell’Unione Europea.
Grandi manovre in Cina, ma basteranno?
C’è molto di più del piano di stimoli annunciato da Pechino. Il ramo legislativo ha infatti approvato un aumento del deficit al 3,8% del prodotto interno lordo dal 3% che era stato fissato invece lo scorso marzo. Il deficit sarà sostenuto dall’emissione aggiuntiva di titoli di stato per un controvalore di circa 120 miliardi di euro.
Sono in pochi però a credere che questo sarà sufficiente: la domanda interna langue e le misure adottate in precedenza non hanno sortito gli effetti sperati, mentre la crisi del settore immobiliare non accenna a arrestarsi e mentre la fiducia dei consumatori cinesi cala in modo considerevole.
Le preoccupazioni sono riflesse anche dal principale degli indici della borsa cinese: CSI 300 ha cancellato i guadagni che aveva pur fatto registrare alla riapertura post-COVID dell’economia cinese, segno che la situazione è grave e, dati i recenti movimenti delle massime autorità del paese, anche seria.
C’è stata infatti una visita, decisamente irrituale, del Presidente Xi Jinping alla banca centrale, non è chiaro in dettaglio per discutere di quali problemi. C’è da sottolineare che in un paese nel quale si parla poco pubblicamente, ogni movimento e ogni comportamento vengono analizzati come se fossero segnali per i mercati.
Difficile per ora immaginare un’inversione del trend decisa, se l’azionario cinese non ha reagito granché di fronte a annunci di stimoli così importanti. La crescita fatta registrare oggi è certamente troppo modesta, in particolare se raffrontata con il buio pesto nel quale hanno navigato i mercati nel corso delle ultime giornate di trading.
Sì, il caso Evergrande rende meno utile un dato aggregato come quello degli indici, ma servirà ben altra performance da parte degli altri titoli per poter parlare di una possibile inversione del trend da parte dell’economia cinese.