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Cina: prezzi fiacchi preoccupano USA e UE

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Mentre si continua a parlare di inflazione, a tenere sulle spine i mercati è in realtà la deflazione cinese. Gli ultimi dati arrivati dalla Cina raccontano di un paese dove i prezzi in termini di manifattura continuano a essere in *caduta libera e dunque a preoccupare anche sul fronte politico. La Cina è infatti ai proverbiali ferri corti tanto con gli Stati Uniti quanto con l’Europa proprio in termini di concorrenza. Calo dei prezzi che è guidato appunto dal settore manifatturiero.

Un calo importante, che rinfocolerà quelle che sono critiche di eccessivi investimenti, da parte della Cina e mosse da UE e USA, al fine di rendere pressoché impossibile la competizione da parte delle aziende europee. Un problema che in realtà ha già preso la forma di indagini sul settore EV, così come su quello dei pannelli solari, in una più ampia guerra commerciale tra i due blocchi che potrebbe diventare uno dei motivi trainanti la discussione finanziaria e economica anche per il 2024.

I prezzi di Pechino terrorizzano la politica occidentale

Ok per i consumatori, meno per la competitività

Ai consumatori, così come a chi sta combattendo in prima linea l’inflazione, questo movimento controcorrente dei prezzi cinesi potrebbe anche piacere. Dopotutto non solo si allevia la pressione inflazionistica, ma c’è disponibilità di beni a buon mercato che dalle aziende locali, in Europa e USA, sono ormai un lontano miraggio. Non è però questo l’unico punto dell’equazione al quale guardare, né l’unico fattore da calcolare.

A contribuire a questo calo dei prezzi certamente una domanda interna cinese molto fiacca, che è testimoniata oltre dai dati anche dalle difficoltà delle società europee e americane di beni di consumo nel mantenere i tassi di crescita che Pechino aveva fatto registrare nel corso degli ultimi anni. Una domanda che però potrebbe essere colpita altrove, cosa che non piacerà a quella politica che deve difendere gli interessi dei produttori locali e, almeno in potenza, proteggerla da attacchi da parte dei competitor cinesi che continuano a essere considerati come scorretti e talvolta anche come illegali.

Secondo una recente analisi di Nomura, in aggiunta, la deflazione cinese potrebbe estendersi per tutto il 2024, complice la difficoltà per Pechino di invertire il trend negativo sulla domanda interna. Saranno inoltre anche complici il calo dei prezzi per il settore alimentare.

Una situazione che si farà sempre più spinosa politicamente e che potrebbe esacerbare una guerra commerciale che si protrae da tempo e che si arricchisce periodicamente di nuovi comparti sui quali darsi battaglia.

È la manifattura a guidare l’abbassamento dei prezzi

Trasporti su, real estate su, indietro quasi tutto il resto

Lo scorporo dell’andamento dei prezzi in Cina non restituisce grandi sorprese. Continua il rimbalzo dei prezzi di trasporto, che poi finiscono per trasferirsi anche ai beni esportati. Giù invece i prezzi del settore alimentare, allevamenti compresi, così come si abbassano i costi di costruzione e quelli di scambi all’ingrosso. Giù anche i prezzi dei software, mentre provano a controbilanciare servizi di catering e ospitalità.

Per un’economia estremamente votata alla manifattura, e che per questo comparto continua a ricevere investimenti significativi, sarà comunque questo il fattore trainante i prezzi anche nel 2024.

E a meno di grossi stravolgimenti, sarà un 2024 ancora all’insegna della riduzione dei prezzi. Un problema per le aziende cinesi, meno, e più per le autorità politiche degli Stati Uniti e dell’Europa, che dovranno fare i conti, nel primo caso, anche con le complessità dell’anno elettorale per la Casa Bianca. Cercare un equilibrio e un’inversione del trend sembra essere, almeno per ora, un wishful thinking che difficilmente troverà equivalente nella realtà. E anche per chi investe sarà un anno durante il quale guardare alla politica sarà tanto importante quanto guardare alle borse.

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