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AirBnb crolla in borsa. Outlook cupo su futuro cupo e politica allontanano investitori

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Era uno dei gioielli della sharing economy e le ultime trimestrali ne hanno invece punito il titolo, con perdite pesanti e in doppia cifra. Quello di Airbnb diventa un caso. Chiusura a Wall Street a -13,38%, all’interno di una giornata non buona per le piazze USA, ma che AirBnb ha interpretato in modo assai peggiore. Sul futuro di mercato del gruppo che gestisce il più grande portale di affitti brevi peer to peer pesano risultati finanziari non al top, e ancora di più le preoccupazioni per un futuro fatto di domanda bassa negli USA (il mercato principale) e difficoltà anche legali in diversi luoghi d’Europa, in particolare città d’arte e location esclusive.

Sul gruppo si sono infatti abbattuti gli strali della politica – e talvolta della cittadinanza – dato l’impatto importante che ha avuto sui mercati immobiliari di città che, da ben prima dello sbarco di AirBnb, soffrivano già parecchio e dove i prezzi avevano già cominciato a salire in modo consistente. Problemi che, pur se forse non causati da AirBnb e dal suo modello di business, ne sono stati esacerbati. Dalle trimestrali inoltre emerge come sia in calo (sia sul dato effettivo sia su quelli previsti per il futuro), la formula Night & Experience, che è la più rilevante per le sostanze del gruppo.

Grossi guai da AirBnb

Di guai ce ne sono diversi e sono tutti emersi con cristallina trasparenza durante le ultime comunicazioni trimestrali del gruppo. Nonostante ci sia stata crescita secca in termini di prenotazioni (+8,7%), pesano in modo consistente outlook che per il terzo trimestre consecutivo sono stati rivisti al ribasso.

La domanda per i soggiorni tramite AirBnb sarebbe sotto attacco da almeno due fronti: i clienti preferirebbero pernottare in hotel – o almeno questo è quanto racconta il gruppo – e starebbero prenotando inoltre dei soggiorni più brevi. Segnali, questi, sia di una debolezza particolare di AirBnb nel mercato del turismo, sia di una debolezza generale del settore, cosa che potrebbe essere uno dei segnali dell’outlook negativo dei consumatori sulla loro capacità di spesa futura, uno dei segnali più evidenti della possibilità di recessione.

Ci sono però anche delle buone notizie, che arrivano dall’area APAC e dall’America Latina, mercati che sono i due che crescono di più per il gruppo.

E in un contesto del genere a poco serve che le revenue siano ancora in rialzo e il recupero evidente (e scontato) del settore turistico dopo la pandemia COVID che ne aveva azzerato le prospettive. Ciò che ora si chiedono però i mercati è per quanto possa proseguire il rimbalzo – che mostra evidenti segnali di rallentamento – e quanto di questo rimbalzo possa finire per arricchire le casse di AirBnb.

Pesano anche questioni politiche?

Per quanto numericamente non così rilevante, il fenomeno delle organizzazioni contro il turismo ha avuto una certa rilevanza nelle narrative dei media di questa estate e sta portando ad orientare i governi locali verso decisioni che potrebbero attaccare direttamente il core business di AirBnb, ovvero quello degli affitti brevi.

L’economia che AirBnb ha portato nelle grandi città, nelle città d’arte e in generale in quelle più bersagliate dai turisti, è ritenuta principale responsabile di un caro affitti, di un caro immobili e dell’impossibilità o quasi di vivere nei centri cittadini anche da diversi rappresentanti della politica locale. Cosa che sta portando a ordinanze e decreti che finiscono e finiranno per limitare le possibilità di espansione di AirBnb. Argomento che è stato toccato solo marginalmente durante le trimestrali e che però sarà di incredibile attualità anche nelle trimestrali future.

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