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Dati su inflazione USA ancora sopra le attese, ma i mercati continuano a prevedere tagli ai tassi

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La mattinata dei mercati americani è stata segnata dalla pubblicazione dei dati sul PCE (Personal Consumption Expenditure), un indice molto vicino alla misurazione del tasso d’inflazione. Anche se l’inflazione a livello ufficiale viene misurata con il PCI, il PCE è stato fortemente utilizzato dalla Fed nel corso degli ultimi anni per determinare la pressione sui prezzi nell’economia e stabilire le decisioni di politica monetaria. La principale differenza tra i due indici è il paniere utilizzato: il PCE esclude alcuni beni volatili come i carburanti e i generi alimentari, i cui prezzi possono avere oscillazioni cicliche dovute alle dinamiche interne del mercato e non alle condizioni dell’economia.

Ancora una volta il tasso d’inflazione statunitense si rivela più alto rispetto alle attese. Il paniere del PCE ha visto un rincaro del 2,8% rispetto a marzo dello scorso anno, mentre gli analisti si aspettavano un tasso del 2,6%. Si conferma il fatto che l’economia americana stia attraversando un periodo favorevole, di crescita economica e di altissima occupazione, ma il processo naturale dei mercati sta portando tutto questo a pesare in maniera negativa sui prezzi. Anche gli ultimi dati sull’inflazione misurata con il PCI avevano mostrato numeri sopra le attese, facendo pensare che la Fed sarà molto più attenta nel corso dei prossimi mesi a valutare un taglio ai tassi d’interesse.

Attualmente le Borse non hanno riscontrato un contraccolpo dovuto ai dati sul PCE di oggi

I prezzi continuano a correre

Guardando al reddito disponibile della popolazione americana, si registra un aumento dello 0,5% medio. I consumatori hanno di più per spendere e stanno effettivamente spendendo più di quanto si sarebbe previsto: anno su anno si registra un aumento di $160.9 miliardi in spesa per beni e servizi. Il dato sulle spese dei consumatori americani segna così un aumento dello 0,8% mese su mese, potenzialmente indicando un tasso d’inflazione crescente anche nei mesi prossimi. L’aumento della domanda spinge i prezzi a rialzo. Particolarmente alta l’inflazione sui servizi di trasporto (+1.6% su base mensile) e sull’abbigliamento (+0.6%). Anche se l’indice esclude il prezzo dei generi alimentari e dei beni energetici, si nota comunque un aumento del 1,4% dell’inflazione sulla benzina rispetto a febbraio.

Molto interessante il dato su veicoli nuovi e usati, che segnano un’inflazione in calo. Addirittura -0,6% nei prezzi rispetto al mese precedente, confermando il fatto che il mercato automotive rimane in una fase di eccesso di offerta. I dati sulle immatricolazioni confermano che per i produttori di tutti i tipi di veicoli, ma in particolare i veicoli elettrici, questa fase di mercato non è sorridente. Per tutti i beni durevoli si nota comunque un tasso d’inflazione più basso rispetto alle altre componenti del paniere del PCE, mentre sono soprattutto i servizi a vedere i prezzi aumentare velocemente.

Andamento dell’indice PCE nel corso dell’ultimo anno – Elaborazione grafica: TradingEconomis

I mercati non mostrano preoccupazione

Malgrado i dati sull’inflazione siano stati più caldi del previsto, la reazione dei mercati è stata molto moderata. Non c’è stata una corsa dei rendimenti dei Treasuries, che invece hanno addirittura visto scendere i tassi pagati agli obbligazionisti. Tutti i principali indici di Borsa hanno aperto la giornata in verde e il dollaro non si è rafforzato particolarmente sul mercato Forex, indicando che i mercati non hanno interpretato il PCE come un segnale d’allarme per i tassi della Fed. In questo momento la curva dei rendimenti indica che i mercati continuano ad aspettarsi tagli ai tassi della banca centrale entro la fine dell’anno: in questo momento i rendimenti dei Treasuries indicano che i mercati scontano una probabilità del 44% che la Fed abbassi i tassi di 50 punti base entro la chiusura del 2024.

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