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Dollaro fiacco dopo aggiornamento CPI | BCE nei guai?

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I dati finali sull’inflazione USA per quanto riguarda il mese di dicembre hanno confermato i rilevamenti di cui tutti erano già in possesso e questo ha causato una leggera flessione del dollaro USA sulle principali piazze, per quanto la flessione sia stata contenuta. Per ora non cambia nulla a Washington, anche se a tenere banco per i prossimi giorni sarà l’altra grande banca centrale, quella di Francoforte, che si trova in acque ben più complicate da navigare. La politica attendista, quella che vorrebbe replicare con comodo quanto verrà deciso a Washington, potrebbe iniziare a vacillare, mentre ci separano dal prossimo incontro per discutere dei tassi più di 6 settimane.

Un dollaro partito con il turbo e che ha comunque recuperato dalla volatilità che si è innescata alla diffusione del dato, per una situazione che appare da un lato più solida, dall’altro gestita da una banca centrale, Federal Reserve, che presso i mercati comanda ancora una quantità di credibilità maggiore rispetto a BCE. BCE che come vedremo in questo nostro approfondimento è sotto osservazione per tutta una serie di motivi, dall’andamento dei salari fino a quello delle economie che compongono l’area euro, che rendono la posizione di Francoforte molto più complessa.

EURUSD stabile dopo aggiornamento dati

Dipende tutto da Francoforte?

Washington sembrerebbe potersela prendere con calma oggi. E a confermarlo arrivano i dati sull’inflazione di 2023, dati di aggiustamento che però lasciano completamente invariati i rilievi che si sono avuti già qualche tempo fa. L’inflazione sta scendendo, per quanto ormai lentamente e si può comunque rimanere in territorio restrittivo fino a quando, parafrasiamo qui le parole di Jerome Powell, il traguardo del 2% non sarà effettivamente alla portata.

Nel frattempo però il mare è molto meno tranquillo, metaforicamente parlando, dalle parti di Francoforte. Ok per il percorso fatto fino ad oggi sull’inflazione, che in modo relativamente rapido è tornata su livelli più gestibili. Ci sono però, in particolare per l’Europa, diverse situazioni che potrebbero rendere almeno in parte tali sforzi… vani. A partire dall’andamento della crescita dei salari, che non sembrerebbe in area euro superato il picco e che dunque potrebbe esercitare ulteriori pressioni rialziste sui prezzi.

Pesa inoltre ancora la situazione geopolitica, tanto in Ucraina quanto (e la cosa è più pressante sul breve) a Gaza. La situazione sul Mar Rosso non è detto che tornerà alla normalità a stretto giro e anche questi costi finiranno per essere scaricati sui prezzi finali. Anche in questo caso il rischio è che si dia una mano a un’inflazione che non è stata ancora sconfitta e che rimane la principale preoccupazione per la Banca Centrale Europea. Rimarranno poi da valutarsi altre questioni che riguardano più nello specifico le economie interne, diverse delle quali in sofferenza.

In Europa intanto è allarme salari

Sarà un febbraio calmo sul piano dei dati?

Probabilmente sì. E mancheranno comunque appuntamenti decisivi per le decisioni sui tassi. Se ne tornerà a parlare alla fine di marzo, con i mercati del Forex della coppia principale che continueranno a essere influenzati principalmente dalle dichiarazioni dei membri di Federal Reserve e della Banca Centrale Europea. Tutto questo in uno scenario macro che sembra fortemente cambiato e di un dollaro che è molto più forte di quanto avessero previsto gli esperti soltanto un paio di settimane fa.

In una situazione del genere, fare delle previsioni anche sul breve sembra difficile. ING ci ha provato sul medio periodo, fino al secondo trimestre del 2024, con la previsione che EUR potrebbe tornare fino a quota 1,10$. Questo a patto però che a Washington le cose vadano come le hanno preventivate già da tempo i mercati, ovvero che già a marzo si possa iniziare a tentennare in termini di politiche monetarie in territorio super-restrittivo.

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