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Dollaro indebolito dai dati USA. Le banche centrali secondarie reagiranno. Sarà ancora caos sul Forex
I dati sull’inflazione USA sono stati leggermente inferiori a quelli del mese precedente e questo ha portato a diverse agitazioni su un mercato del Forex che, almeno in parte, aveva anticipato un risultato del genere. A colpire poi maggiormente i cambi sono stati i dati – pessimi – sulle vendite retail, che hanno riaperto allo scenario dei tagli estivi anche per Federal Reserve. Ci sono però diverse considerazioni da fare, sia per quanto riguarda il dollaro, sia per quanto riguarda le situazioni che si stanno sviluppando altrove.
Il tema della settimana (e della prossima) saranno le reazioni delle altre banche centrali e delle altre economie alla possibile fine, almeno sul breve, del trend positivo per il dollaro. Perché se è vero per la finanza quello che è vero per la fisica, ad ogni azione, corrisponderà una reazione uguale e contraria. Reazione che potrebbe basarsi sugli spazi, ora più ampi, di allentamento delle politiche monetarie restrittive in virtù appunto della forza persa dal dollaro sul breve.
I dati USA indeboliscono il dollaro USA. Ma non è questa l’unica piazza sulla quale tenere gli occhi puntati
Il ragionamento è articolato, ma vi anticipiamo che sarà quello che dominerà le analisi dei prossimi giorni. Il fatto sul quale si baseranno queste analisi è sotto gli occhi di tutti: i dati arrivati mercoledì 15 dall’economia USA, sia per quanto riguarda l’inflazione, sia per quanto riguarda le vendite retail, segnalano un contesto di maggiore debolezza per il dollaro. Questo in virtù del fatto che i dati suddetti rinforzano le convinzioni dovish di Federal Reserve: se l’economia rallenta e rallenta anche l’inflazione, le condizioni per un taglio dei tassi si fanno decisamente più concrete.
È questo il ragionamento che ieri ha portato il DXY a cadere in picchiata dopo la comunicazione dei dati suddetti. E sono queste le considerazioni che animeranno anche le analisi delle altre banche centrali. Un esempio? Tokyo si è allontanata dal livello di guardia per USD/JPY, questa volta senza interventi diretti a mercato e senza minacciarne di nuovi.
Lo stesso vale per le valute cosiddette emergenti: un rallentamento del dollaro prima e delle condizioni monetarie negli USA poi allarga lo spazio di manovra per economie che boccheggiano e che di tagli più decisi potrebbero certamente avvantaggiarsi.
In altre parole, nel realizzare analisi sarà ora più che mai necessario abbandonare il modello super-fisso, e tenere conto del fatto che a maggiore spazio di manovra delle banche centrali secondarie, potrebbero corrispondere delle azioni dovish.
Ancora presto però per individuare le prossime mosse di Federal Reserve
Per quanto i dati di ieri siano stati relativamente chiari, c’è ancora del tempo prima che FOMC e Federal Reserve saranno costrette a intervenire. Difficile immaginare, almeno per ora, che per il prossimo incontro, quello del 12 giugno, ci siano dei tagli. Probabilità in crescita per luglio, dove però i tassi fermi sono ancora l’ipotesi più probabile.
Il primo degli incontri del FOMC programmati che, secondo i mercati, potrebbe vedere un taglio dei tassi rimane quello di settembre, comunque in forte ritardo rispetto a quella che potrebbe essere la decisione di BCE già in giugno.
La confusione dunque, per quanto il dato di ieri abbia impresso una direzione, è ancora tanta. E ci saranno ancora dei lunghi periodo favorevoli per i trader che amano la volatilità e i movimenti intensi di breve periodo.
Per il resto, chi pensa di aver individuato il trend di medio e lungo periodo per il dollaro già da ora, è ancora nel territorio pieno del wishful thinking. I dati di ieri sono un segnale, ma non il segnale. E ci sarà ancora da aspettare.