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Dollaro rimbalza per inflazione superiore a aspettative

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Arrivano i dati dell’inflazione USA e sono peggiori delle aspettative. Sia l’inflazione classica sia quella Core, che è quella a cui guardano maggiormente quelli di Fed, hanno fatto registrare per il mese di dicembre dei dati superiori al consenso degli specialisti, degli analisti e delle banche d’affari. Rispetto al mese precedente ci sono stati dei rialzi per pressoché qualunque indicatore. La questione indica, come avvenuto altrove, un leggero aumento dell’inflazione, un rimbalzo rispetto ai dati che si erano fatti registrare per il mese di novembre.

All’uscita dei dati c’è stato un recupero del dollaro, prevedibile, sia contro l’euro sia contro il grosso delle altre valute, compreso quel Bitcoin che sta vivendo un momento di straordinaria forza in virtù della recente approvazione dell’ETF Spot sulle piazze americane. Tutto da rifare per l’inflazione? Erano in diversi, anche da Fed, a ritenere il percorso ancora lungo e questi dati certamente giocheranno a favore di quei falchi che continuano a ripetere high for longer, ovvero tassi alti più a lungo.

Inflazione superiore alle aspettative

Sorpresa dall’inflazione: negli USA tornano le preoccupazioni

Tornano le preoccupazioni negli Stati Uniti per l’inflazione. Nonostante le previsioni si attendessero un rialzo dell’inflazione per il mese di dicembre, questo è arrivato in proporzioni maggiori rispetto a quanto era stato appunto previsto dagli analisti e dalle principali banche d’affari. Dollaro che schizza in alto, salvo poi vedersi recuperare, per una situazione che complessivamente appare più incerta che preoccupante. L’inflazione Core infatti perde leggermente forza, per quanto continui ad essere lontana anni luce dal target del 2%.

Per quanto i mercati, in particolare quello del Forex, siano affamati di notizie, il dato non sembra essere dei più preoccupanti: un rimbalzo era atteso e si sono sbagliate, in modo in verità assai leggero, le proporzioni.

Per quanto riguarda l’inflazione mese su mese classica, abbiamo registrato un +0,3% contro attese di +0,2%. Per quanto riguarda quella annuale, sempre classica, +3,4% contro +3,2% delle previsioni.

Più interessante il dato Core: mese su mese abbiamo +0,3%, che è esattamente in linea con il mese precedente e anche con le previsioni. Per quella annuale, le stime erano a +3,8%, mentre il dato è arrivato a +3,9%.

Si tratta nel caso dell’ultimo dato, quello dell’inflazione Core annuale, comunque di una discesa dal 4,0% del mese precedente. Qualcosa si muove, il rimbalzo c’è stato soltanto per i prezzi che incorporano energia, tabacco e alcolici, storicamente piuttosto volatili e prima di fasciarsi la testa sarà il caso di sedersi e ragionare su questi dati, che non spostano forse granché il percorso di Federal Reserve almeno a stretto giro.

Il 31 Gennaio il FOMC

Ricordarsi della mission delle banche centrali

I mercati avranno bisogno di qualche tempo per elaborare quello che per molti è un lutto. Riteniamo però che il dato importante, quello dell’inflazione Core, sia stato complessivamente ok e per quanto lentamente, si stia riavvicinando sia all’inflazione classica sia al 2%.

Le altre considerazioni che dovranno essere fatte da Federal Reserve riguardano principalmente il mercato del lavoro, che ancora non mostra quei segni di cedimento che ci si aspetterebbe dopo una corsa di questo tipo dei tassi di interesse.

Sarà dunque ancora tutto rimandato al prossimo dato e poi a quello ancora dopo, in un’era che vede le banche centrali costrette a navigare a viste per evitare un doppio rischio: da un lato quello di fare troppo poco e vedere l’inflazione tornare, dall’altro quello di fare troppo e deprimere eccessivamente l’economia.

I dati sull’inflazione di oggi ci avvicinano ad un FOMC, quello del 31 gennaio, che comunque non dovrebbe presentare sorprese: tassi ancora fermi, in attesa di quello del 20 marzo, che sarà certamente più importante, anche per il futuro del dollaro.

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