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Dopo dati su inflazione, l’euro si rafforza sulla sterlina

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Dopo una settimana in cui l’euro si è indebolito continuamente contro la sterlina inglese e il dollaro americano, venerdì ha visto la Moneta Unica rafforzarsi contro tutte le principali valute. Questo è il risultato dei dati sull’inflazione riportati nella mattinata, che hanno confermato una pressione sui prezzi ancora molto forte in Europa. Sull’andamento della sterlina inglese pesano invece i dati sulle vendite al dettaglio, che vedono un netto rallentamento dell’attività dei consumatori: per il Regno Unito potrebbe essere il segnare che una possibile recessione non è ancora da escludere. Dopo aver discusso per mesi con il FMI riguardo alle prospettive di una crisi economica in UK, ora sembra che le cose stiano prendendo una piega meno positiva del previsto.

Il Regno Unito ha visto le vendite al dettaglio calare del 3,2% tra luglio 2022 e luglio 2023. La previsione degli analisti era al -1,2%, ribassista ma non quanto i dati effettivamente riscontrati. Il dato sulle vendite al dettaglio core, che esclude le vendite di automobili e la benzina, è calato del 1,4% su base mensile e del 3,4% su base annua.

Il cambio EUR/GBP ha visto l’euro rafforzarsi di oltre 100 pips nella giornata di venerdì, mentre il cambio EUR/USD ha puntato a chiuso a +0.36%. Il tutto comunque rimanendo nel quadro di un euro che stava già cercando un supporto, dopo aver passato la settimana continuamente in indebolimento rispetto alla valuta inglese e a quella americana. Ora, dopo i dati sull’inflazione, si torna invece a ipotizzare che il percorso per i tassi di interesse possa vedere ancora due o tre scatti a rialzo da parte della Banca Centrale Europea.

Rimangono ancora dubbi sul fatto che la BCE possa sospendere i rialzi dei tassi di interesse a settembre

Pubblicati i dati sull’inflazione in Europa

Il tasso di inflazione dell’Eurozona nel mese di luglio, secondo i dati riportati venerdì da Eurostat, si attesta al 5,3% su base annua. Il dato è stato perfettamente in linea con le attese degli analisti. Detto questo, ci si aspettava che escludendo il tabacco il tasso di inflazione si attestasse al 4,5% e invece si è attestato anche in questo caso al 5,3%.

Si rivela così un piccolo calo rispetto al tasso di inflazione del 5,5% misurato a giugno, ma rimane un calo molto contenuto. Il ritmo a cui procede il calo della pressione sui prezzi rimane molto lento, soprattutto considerando che da ormai un anno la BCE sta alzando i tassi di interesse a ogni singola riunione di politica monetaria. Negli Stati Uniti, sembra che la Federal Reserve abbia già ottenuto un traguardo importante: l’inflazione USA si è fermata sotto al 3,5% nelle ultime due rilevazioni, ed è già più vicina al target della banca centrale.

Si registra una forte deflazione nel prezzo dei beni energetici su base annua, con prezzi in calo di oltre il 5%. Il tasso di inflazione più alto si registra ancora una volta per le componenti del paniere legate a cibo, alcol e tabacco: questa è ormai una costante, ma complessivamente il tasso di inflazione per questi beni sta scendendo. Aumenta invece l’inflazione dei servizi, che avevano conosciuto un aumento dei prezzi molto più moderato rispetto alle altre componenti del paniere nel corso di questo ciclo economico. L’inflazione dei servizi sta aumentando a un tasso più lento rispetto a quanto era accaduto lo scorso anno per i beni energetici e per i generi alimentari, ma si sta dimostrando ancora in aumento malgrado i rialzi dei tassi di interesse.

Il grafico mostra l’andamento del tasso di inflazione nell’Eurozona nel corso degli ultimi 12 mesi

Si valutano le mosse della Banca Centrale Europea

Il dubbio è cosa possa accadere adesso ai tassi di interesse europei, considerando che l’inflazione sta continuando a scendere ma a un ritmo molto moderato. Attualmente il tasso marginal lending facility si trova al 4,50% e gli analisti ritengono che ci vorranno altri 50 punti base per arrivare fino al picco. La maggior parte delle banche d’investimento si attende che questo possa accadere già entro il 2023, anche se Christine Lagarde ha espresso dubbi su tutto questo ultimamente. La Presidente della Banca Centrale Europea sembra star valutando la possibilità di interrompere gli aumenti dei tassi quando arriverà la prossima riunione sulla politica monetaria.

Dopo i dati sull’inflazione, però, sembra possibile che la BCE decida di andare avanti sulla strada dei rialzi: considerando che la pressione sui prezzi è ancora alta e scende di poco ogni mese, non sembra che ci sia spazio per essere permissivi con la politica monetaria. Nel frattempo il Chief Economist della Banca Centrale Europea, Philip Lane, ha rilasciato poco prima dei dati sull’inflazione una dichiarazione importante: ritiene che l’Eurozona continuerà a crescere nel corso dei prossimi due anni. Le vedute delle banche d’affari sono leggermente diverse, con gli analisti di Wall Street che si attendono una crescita nulla nel 2023 e una possibile recessione all’inizio del 2024.

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