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Effetto tassi: prestiti in Europa sotto le attese

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Aumentano i prestiti in Europa: a rivelarlo sono i dati ufficiali che sono stati pubblicati lunedì dalla Banca Centrale Europea. Tuttavia questo aumento si è rivelato inferiore alle attese degli analisti, soprattutto per quanto riguarda il volume di prestiti erogati ai privati. Inoltre si riduce la base monetaria, cioè la quantità totale di moneta in circolazione. Secondo gli ultimi dati, a luglio c’è stato un calo dello 0,4% della base monetaria rispetto a luglio dello scorso anno.

Per quanto riguarda i prestiti, invece, c’è stato un aumento del 2,2% su base annua nella quantità di credito diretta a istituzioni non finanziarie. Questo è un dato molto utilizzato dagli analisti, in quanto mostra esattamente quanto denaro è andato verso le imprese e i consumatori finali anziché verso le banche e i fondi d’investimento. Inoltre c’è stato un aumento del 1,3% nei prestiti al settore privato; anche in questo caso il dato è riferito al mese di luglio rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Tutto questo è stato inteso come un segnale neutro per l’euro, che non si è mosso granché sul mercato Forex, ma è indicativo per quanto riguarda l’andamento dell’economia.

Il volume di prestiti teoricamente dovrebbe essere in calo rispetto allo scorso anno, considerando che i tassi di interesse di oggi sono decisamente più alti. Inoltre, vista la forte contrazione dell’attività manifatturiera in Europa, sarebbe stato legittimo attendersi una contrazione del mercato del credito.

Il mercato del credito rimane molto attivo, malgrado i tassi di interesse in aumento

Cala la base monetaria liquida M1

Un dato interessante riguarda il fatto che la base monetaria M1, che misura la liquidità nell’economia, vede un calo del 9,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. La base monetaria M1 misura esclusivamente la quantità di liquidità o beni estremamente liquidi all’interno dell’economia. Degli esempi sono le banconote e i depositi sui conti correnti, oltre che i depositi che possono essere convertiti velocemente in liquidità. Calo più basso per quanto riguarda la base monetaria M3, che invece include altri elementi come i depositi a termine più lungo e asset liquidabili in modo meno rapido. Questa è la dimostrazione del fatto che la Banca Centrale Europea, con la sua politica monetaria, sta riuscendo ad abbassare l’offerta di denaro.

Il dato è importante perché la base monetaria è direttamente correlata al tasso di inflazione. Maggiore è l’offerta di denaro, maggiore è la probabilità che aumenti la pressione sui prezzi all’interno dell’economia. Considerando che la priorità della BCE è proprio abbassare il tasso di inflazione, e lo è ormai da oltre un anno a questa parte, il dato è significativo e va inteso come un segnale favorevole per l’andamento della pressione sui prezzi nel corso degli ultimi mesi. Sorprende invece che, rispetto allo scorso anno, siano aumentati i prestiti concessi alle autorità non finanziarie e ai privati. La BCE ha alzato ininterrottamente i suoi tassi di interesse in tutte le riunioni sulla politica monetaria a partire dal luglio scorso. A fronte di questo ci si sarebbe aspettato un mercato del credito meno dinamico, mentre la domanda di liquidità rimane complessivamente buona.

Il grafico mostra l’andamento della base monetaria M1 nell’Eurozona: il calo in corrispondenza degli aumenti dei tassi di interesse è piuttosto evidente

Lagarde: la lotta all’inflazione non è finita

Christine Lagarde è tra le grandi personalità che hanno parlato alla conferenza di Jackson Hole, il simposio economico ospitato dagli Stati Uniti la scorsa settimana. Essendo uno degli appuntamenti più attesi dell’anno, i microfoni della stampa sono stati attenti a intercettare qualunque segnale interessante. La dichiarazione più rilevante di Christine Lagarde è stata relativa al fatto che la lotta all’inflazione non è finita. La presidente della BCE si stava riferendo al contesto dell’economia globale e non in senso stretto all’Eurozona, ma i numeri dimostrano che l’euro è una delle valute che stanno affrontando il tasso di inflazione più ostinato e difficile da controllare. Il resto del discorso ha riguardato invece soprattutto il cambiamento climatico e gli effetti economici dell’invasione dell’Ucraina.

Non soltanto l’economia europea si sta dimostrando in una fase di inflazione elevata e particolarmente difficile da combattere, ma questo avviene contemporaneamente al fatto che l’economia europea stia dando evidenti segni di cedimento. La produzione industriale è andata calando in modo molto significativo nel corso degli ultimi mesi e anche i numeri sulla stagione estiva rivelano che il mondo del turismo non arriva dalla sua migliore estate. Sembra che la Banca Centrale Europea sia sempre più vicina ad affrontare un dilemma: aumentare ancora i tassi di interesse per combattere l’inflazione, a costo di causare una recessione, oppure iniziare a rallentare sugli interessi e lasciare che l’inflazione cali in un modo più lento e contenuto. In ogni caso è molto probabile che i tassi attuali siano semplicemente insufficienti a far tornare il tasso di inflazione al target del 2% fissato dalla banca centrale.

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