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Euro: BCE naviga a vista. Incertezza su rialzo tassi

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Tutti gli analisti che hanno a disposizione uno specchio delle loro brame stanno chiedendo al curioso dispositivo come si muoverà la Banca Centrale Europea la prossima settimana. Al centro ci sono di nuovo i tassi di interesse e la lotta, senza quartiere, di BCE ad un’inflazione che è ancora distante dal target del 2% e che però potrebbe smettere presto di essere la prima preoccupazione di un’economia europea la cui locomotiva comincia a dare segni di stanchezza. Il consenso, quasi unanime, è su un ultimo rialzo che porterà i tassi al picco di questo ciclo, per quanto non ci sia poi unanimità su quando questo ultimo rialzo avrà luogo.

Non tutti, per intenderci, sembrano essere persuasi del fatto che questo rialzo verrà comunicato la prossima settimana. Aria di pausa? Per qualcuno sì, mentre il resto delle banche centrali sembrerebbero essere dello stesso avviso, a partire da Washington. Sul tema è recentemente intervenuta anche Bloomberg, che ha condotto un’indagine per cercare di rilevare il consenso tra i principali analisti, per una questione che avrà sul Forex un impatto certamente importante.

Incertezza in area Euro per i tassi

Non c’è consenso

La notizia sul consenso è che il consenso, almeno per il momento, non c’è. Gli intervistati da Bloomberg sono d’accordo su un solo punto: ci sarà soltanto un rialzo dei tassi prima del picco – e il massimo dei tassi di questo ciclo sarà raggiunto entro dicembre. Gli analisti intervistati dal popolare giornale finanziario non sembrano però essere d’accordo su come si muoverà la prossima settimana BCE, quando sarà chiamata a comunicare le decisioni di politica monetaria e sui tassi.

Il 50% ritiene infatti che si tratterà del decimo rialzo consecutivo, e il restante 50% ci sarà invece una pausa, per quanto di tipo hawkish, ovvero una pausa che anticiperà comunque un ulteriore rialzo.

E si inizia a parlare anche di tassi finalmente in discesa, un bicchiere d’acqua fresca in un’economia europea che ogni giorno di più assume le sembianze di un deserto. Bicchiere d’acqua fresca che dovrebbe arrivare già in marzo, a patto – aggiungiamo noi – che l’inflazione cessi di essere un problema, o che comunque dia segni di riavvicinamento al target del 2%, mantra delle banche centrali che non pochi economisti – in genere di scuola keynesiana – hanno iniziato a contestare dato i costi, impliciti ed espliciti – che il ritorno in target presuppone.

Si naviga a vista, ma non solo a Francoforte

Il terrore di fare troppo

È una paura che attanaglia non solo Francoforte, ma anche Washington. La paura che serpeggia ai piani alti della politica monetaria globale è che la stagione di rialzi mai così ripidi e mai così frequenti abbia già messo in campo le forze necessarie per combattere l’inflazione che può essere combattuta, con la restante che sembra essere ormai fuori dagli scopi e dalle possibilità delle pur plenipotenziarie banche centrali.

La narrativa, quella che si può desumere dai più recenti interventi dei governatori delle principali banche centrali, è che l’inflazione sia ancora il problema principale, almeno rispetto allo spettro sempre più concreto di una recessione. Questo, ripetiamo, secondo quanto si può desumere dalle parole dei governatori e dei papaveri delle principali banche centrali. Gli ultimi 2 anni però hanno insegnato a trader, investitori e analisti che è meglio basare le proprie previsioni su dati analizzati personalmente che affidarsi ai proclami di Francoforte, Washington o Tokyo.

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