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Euro: inflazione perfettamente in linea con le aspettative. Suonano le campane dei tagli ai tassi per Francoforte
Arrivano i dati sull’inflazione all’interno della cosiddetta area euro e testimoniano un calo dell’inflazione di quelli che piacciono a BCE e che sono tra le altre cose perfettamente in linea con le previsioni. Per quanto riguarda l’inflazione classica, siamo infatti a +2,4%, in calo rispetto al 2,6% che è stato fatto registrare il mese precedente. Buono anche il dato sull’inflazione Core, che fa registrare +2,9%, contro il 3,1% del mese precedente. Una situazione che, almeno secondo quanto affermato da Christine Lagarde ieri, segnalerebbe il proseguimento del percorso di lotta all’inflazione esattamente nella misura indicata da BCE.
E quindi un ritorno verso il 2% nel 2025, cosa sulla quale sembrerebbe destinata a puntare anche Federal Reserve da Washington, per quanto con un percorso che per ora sembrerebbe essere maggiormente accidentato. Sarà questo il tema più forte delle prossime settimane, al netto della preoccupante situazione in Giappone, con la battaglia dialettica tra interventisti e non interventisti che sta assumendo toni particolarmente agitati. Una situazione complessivamente difficile per gli operatori del Forex, che hanno premiato nella sessione mattutina l’Euro, salvo poi tornare a farlo correggere una volta che i dati sono stati resi pubblici e una volta che questi hanno indicato che tutto è andato secondo le aspettative e il consenso dei principali analisti.
Per BCE a giugno sarà una scelta facile
O almeno così sembrerebbe date anche le anticipazioni di una Christine Lagarde che ieri si è detta tutto sommato soddisfatta del percorso fatto dalla Banca Centrale Europea in termini di lotta all’inflazione. Un’inflazione che è molto vicina al target del 2% e che dunque ora offrirà sponde alle colombe di Francoforte per chiedere a gran voce un taglio dei tassi. Taglio dei tassi che renderebbe il ritorno al 2% più lento, con un delay però che per BCE si può sostenere, date anche – per quanto nessuno lo dica apertamente – lo stress che una stagione di tassi così alti ha innescato sull’economia reale.
A meno di clamorosi stravolgimenti, pertanto, arriverà il tanto agognato primo taglio ai tassi a stretto giro, taglio che i mercati sembrerebbero aver già prezzato e che dunque non dovrebbe essere, almeno a questo punto della narrativa, una sorpresa per nessuno. Questo al netto di eventuali colpi di coda dell’inflazione per aprile, che se di portata limitata non potranno in alcun modo interferire con il piano descritto sopra.
Affinità e divergenze tra Washington e Francoforte
Dopo il discorso di Jerome Powell di ieri, che ha confermato che i tassi rimarranno elevati – e fermi sui livelli attuali – per tutto il tempo necessario (il che potrebbe voler dire anche fino al 2025), la distanza tra BCE e Federal Reserve apparirà come incolmabile anche per chi era più ottimista un allineamento delle due più importanti banche centrali del mondo. E invece, con il dato di oggi, sembrerebbe essere confermata la necessità, insieme alla possibilità, di Francoforte di tornare a più miti tassi di interesse, sia perché appunto l’inflazione sembrerebbe mordere meno, sia perché si dovrà cercare di sostenere un’area economica che presenta difficoltà assai maggiori rispetto agli Stati Uniti
Per giugno, a Washington, ci sarà da stare con il fiato sospeso? È possibile che i prossimi dati sull’inflazione spingano Federal Reserve a tornare sui suoi passi? Difficile, anzi difficilissimo, dato che tutto sembra puntare verso un’inflazione persistente, o sticky come si dice appunto da quelle parti. Sul fatto che Francoforte sia forte e indipendente a sufficienza da poter tenere anche a giugno – o sul fatto che l’economia europea non comandi interventi più radicali – i dubbi sono certamente minori. Occhi puntati pertanto verso giugno, con questo dato perfettamente allineato con le previsioni che lascerà ampio spazio alle cosiddette colombe.