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Euro: meglio tardi che in anticipo | In BCE vincono i falchi

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Robert Holzmann di BCE torna a parlare di eventuali tagli ai tassi da parte della banca centrale che governa le politiche monetarie dell’area euro. Dopo aver ricordato pochi giorni fa che Francoforte attenderà probabilmente le mosse di Washington, alla luce degli ultimi dati sull’inflazione europea si presenta in pubblico con un’altra dichiarazione hawkish. L’aumento dei prezzi sta rallentando troppo poco e dunque ci sarà bisogno, parafrasando quanto ha affermato, di essere in territorio restrittivo più a lungo. Una dichiarazione che non avrà stupito nessuno o quasi e che ricorda agli operatori di mercato come il cammino potrebbe essere ancora lungo.

Allo stesso tempo un recente sondaggio tra gli operatori di mercati condotto da Bloomberg sottolinea come eventuali tagli in anticipo dei tassi di interesse siano ritenuti un’eventualità più pericolosa di tagli troppo tardivi e che avranno, nel caso e da manuale di macroeconomia, effetti sull’economia in senso negativo. Continua il ballo delle banche centrali, in balia dei dati e senza che possano disegnare delle traiettorie chiare per nessuno.

BCE giocherà ancora d’attesa

Ora nessuno vuole i tagli?

Gli economisti la pensano diversamente da industriali e società di servizi. Non che questo sia necessariamente una novità, ma è il dato che – tra gli altri – andrà a rinforzare i convincimenti più hawkish da parte della Banca Centrale Europea, convincimenti che puntano diretti verso un rinvio, al più tardi possibile, delle operazioni di politica monetaria e in particolare sui tassi. Due su tre del pool degli economisti le cui opinioni sono state raccolte dal giornale infatti temono più dei tagli anticipati rispetto al dovuto – e dunque un assist all’inflazione, che il rischio di tagliare troppo tardi, causando problemi ulteriori a un’economia già in difficoltà.

Cosa che fa eco alle ultime dichiarazioni di Robert Holzmann, membro del governing council di BCE, che ha ricordato che non vi è alcuna fretta di tagliare i tassi in area euro, dato che rischi di un ritorno dell’inflazione su livelli più alti sono più concreti. E dati anche i dati di venerdì, tutto fuorché soddisfacenti.

Un’opinione che, lo ricordiamo, è in aperto contrasto con quella di Fabio Panetta, governatore di Bankitalia, che da tempo sostiene la necessità di iniziare con i tagli, al fine di non essere poi costretti manovre più brusche più avanti. Certo è che i dati non aiutano e che, nonostante le lamentele arrivano tanto dai politici di rango nazionale dei paesi che compongono l’Unione, quanto dal mondo delle imprese, gli inviti a una politica monetaria più permissiva rimarranno, ancora per un po’, lettera morta.

I dati non permettono, per ora, di fare altro

Un trade-off impossibile?

Così come a Washington, anche a Francoforte si dovrà cercare di navigare in mezzo a due correnti opposte. Da un lato l’inflazione che ancora preoccupa, dall’altro i rischi per gli effetti che tassi alti più a lungo comportano per la tenuta delle economie. Il secondo scenario però – e questo è anche quanto arriva da banche d’affari come Nomura – è quello forse preferibile.

Nel frattempo le borse viaggiano, EUR/USD chiude per la seconda settimana di seguito al rialzo, interrompendo così il forte recupero che ha fatto registrare il dollaro da inizio anno e contro ogni tipo di pronostico.

Con l’arrivo di nuovi dati probabilmente si avrà più materiale per capire come potrebbero muoversi tanto il mercato del Forex quanto quelli azionari, che sembrano per ora escludere la possibilità di recessioni importanti da entrambi i lati dell’oceano. Ottimismo tipico dei mercati, pessimi a anticipare le crisi, oppure segnale che l’attendismo di Francoforte e Washington hanno pagato?

Anche per questo non si potrà che aspettare il responso dei dati macro, alcuni dei quali arriveranno la prossima settimana, altra settimana di avvicinamento al FOMC del 20 marzo che però difficilmente offrirà novità sostanziali.

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