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Fondi e gestori short sul dollaro: si punta sul pivot
I fondi hedge, gli asset manager e più in generale gli investitori di carattere speculativo stanno aumentando le loro puntate short contro il dollaro USA. È questa la situazione che emerge dai dati che sono stati diffusi, come avviene periodicamente, da CFTC, l’agenzia federale degli Stati Uniti d’America che governa il mondo dei derivati. Questo anche prima dei dati di ieri che hanno confermato, a detta del grosso degli analisti, la fine del ciclo di politiche monetarie restrittive da parte di Federal Reserve.
È necessaria una premessa: questa categoria di investitori non ha sempre ragione e non necessariamente anticipa i movimenti di mercato. I ragionamenti però dietro l’apertura di queste posizioni sono più che solidi: Federal Reserve potrebbe iniziare con il suo ciclo di tagli prima delle altre banche centrali, in particolare se la contrazione dell’attività economica negli USA dovesse farsi più pronunciata e se ci si dovesse avvicinare di più al target del 2% per l’inflazione, mantra che Fed non ha alcuna intenzione comunque di mettere in discussione, almeno prima che sarà raggiunto.
Su i contratti short contro il Dollaro: ecco cosa pensano gli investitori più speculativi
Gli investitori maggiormente speculativi, dai fondi hedge fino ai gestori, hanno aumentato in modo sostanziale le loro posizioni short sul dollaro USA. Secondo i dati offerti da CFTC, c’è stato un aumento di circa il 25% delle posizioni nell’ultimo periodo di riferimento, un calo importante con il quale si dovrà fare necessariamente i conti per chi volesse condurre analisi sullo stato di salute della divisa di Washington. A aprire a questo ciclo di short è l’aria di pivot, che nonostante gli inviti alla calma dei principali quadri di Federal Reserve, è ormai l’unica aria che si respira sui trading desk.
Pivot, ovvero l’inversione del ciclo di politiche monetarie restrittive che a Washington hanno assunto proporzioni maggiori che altrove e che ora potrebbero altrettanto rapidamente invertirsi. Si punta, per intenderci, su un ciclo di tagli ai tassi importante già a partire dalla prima metà del 2024, cosa che sarà spinta da due fattori: da un lato la contrazione dell’attività economica statunitense, dall’altro la necessità di rendere più sostenibili le situazioni debitorie che sono maturate appunto negli USA, anche in termini di debito pubblico.
Peseranno, per quanto nessuno sia disposto pubblicamente a mettere in dubbio l’indipendenza di Federal Reserve, anche le elezioni per la Casa Bianca. Le primarie si apriranno tra poco e il prossimo novembre si voterà in un’elezione che sarà tra le più polarizzanti della storia degli Stati Uniti d’America. Pensare che si possa arrivare ad un appuntamento così importante continuando sulla strada delle lacrime e del sangue è qualcosa che, almeno sul fronte dei fondi hedge, in pochi sono disposti a ritenere credibile.
Occhio però, tanta debolezza anche altrove
Ci sarà da valutare però la situazione a 360°: ci sono diverse valute che potrebbero tornare presto in sofferenza. Su tutte lo yen giapponese, con l’incertezza di Bank of Japan in termini di ritorno a tassi di interesse in positivo che potrebbe presto scompaginare i piani dei grandi fondi. Allo stesso modo ci sono segnali di debolezza per quanto riguarda il dollaro canadese e anche la sterlina britannica, per situazioni che appaiono almeno secondo il nostro punto di vista più preoccupanti che altrove.
Discorso diverso, ma soltanto per adesso e con la necessità di rivalutare certe posizioni in futuro, per l’euro. L’inflazione si è ridotta in modo consistente, così come ci sono problemi più importanti sul fronte economico. Difficile pensare che non si corra ai ripari in modo più deciso e più rapido di quanto farà Fed. E in una situazione del genere, è altrettanto difficile pensare che da BCE si vedano atteggiamenti più hawkish.