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Fondo chip chinese manca il target. Dove sono gli investitori?

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Ancora problemi in Cina e ancora segnali di una debolezza strutturale della propria economia. Segnali e problemi che stanno colpendo anche il tentativo di finanziare il terzo round del China Integrated Circuit Fund – tra gli addetti ai lavori conosciuto anche come Big Fund. Secondo quanto riportato da Financial Times, che cita persone informate dei fatti, il fondo starebbe avendo più di qualche difficoltà nel raccogliere i 41 miliardi di dollari di target che si era prefissato per questo terzo round.

Difficoltà che colpiscono un fondo che ha anche importanti risvolti politici: è tramite questo veicoli infatti che sono state finanziate, già a partire dal 2014, le velleità di autarchia tecnologica della Cina, per un fondo che viene considerato fondamentale per i futuri sviluppi di questo comparto nella Repubblica Popolare. Comparto che con l’inasprirsi della guerra commerciale con USA e UE diventa sempre più fondamentale.

Il fondo manca i target per il terzo round

Obiettivo ambizioso, ma difficile da raggiungere

Big Fund si era prefissato di raccogliere almeno 341 miliardi di dollari, somma che è del 50% più elevata di quanto raccolto durante il secondo round. Obiettivo certamente ambizioso e che non sembrerebbe aver fatto i conti con un’economia cinese in forte difficoltà, con i fondi e i capitali stranieri che si stanno già guardando intorno da tempo e che sembrerebbero essere più che scettici sulle capacità cinesi di invertire il trend. Se si trattasse di un fondo qualunque, non ci sarebbe forse granché di cui parlare. Si tratta però di un fondo la cui ossatura stessa è politica, i cui target vengono decisi dal Ministro dell’Industria e che quintessenziale per il proseguimento della politica di autosufficienza tecnologica parte del programma di Xi Jinping.

Situazione che dunque arriverà, con ogni probabilità, sulle scrivanie dei piani più alti dell’economia e della politica cinese, senza che però non ci si possa fare probabilmente nulla. Con il costo del capitale in aumento in quasi tutto il mondo – e con la Cina che è sempre meno attrattiva, raggiungere il target è stato, almeno per ora, un miraggio.

Il fondo è parte integrante del percorso di autosufficienza tecnologica cinese

Pesa anche crisi enti locali

A pesare sulla difficoltà del fondo di raggiungere il target di raccolta ci sono anche le difficoltà degli enti locali, molti dei quali sono usciti dalla crisi pandemica fortemente indebitati e le cui avventure finanziarie sono state oggetto di scrutinio ripetuto da parte delle autorità centrali.

Insieme ai soggetti privati e para-pubblici, i governi locali avevano coperto il 56% del fondo stesso, per quanto non si abbiano dati che permettano di comprendere la ripartizione tra questi soggetti e società come China Telecom. Il fondo fu anche colpito da importanti indagini anti-corruzione, cosa che probabilmente non ha contribuito all’appetito per la partecipazione di una platea di investitori più variegata e con meno collegamenti con la politica.

Anche dal privato accoglienza tiepida

Sarà che il momento non sembra essere dei migliori neanche per il settore privato cinese, sarà che il target è ancora molto lontano: sta di fatto che sembra sia molto difficile cercare di coprire la parte che nei primi due round era stata coperta dai privati. Il ministero delle finanze, a meno di un impegno più gravoso rispetto al precedente, dovrebbe infatti attestarsi intorno al 40% della copertura.

E crescono le preoccupazioni politiche che riguardano un fondo che oggi come non mai è ritenuto necessario per foraggiare la nascita e la crescita di un settore dei chip che è ancora indietro rispetto alle controparti europee e statunitensi. L’avvicinamento di Huawei agli standard USA aveva fatto gridare al miracolo, ma è vero che tecnologicamente siamo ancora lontani, così come siamo politicamente lontani dall’autarchia tecnologica sognata dal programma di Xi Jingpin.

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