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Greggio chiude al ribasso. Crollo dopo voci su accordi a Gaza

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Dopo una settimana partita al rialzo, il greggio chiude la settimana in ritirata e su livelli di prezzo che non si vedevano da metà giugno. A pesare in negativo sulle quotazioni di WTI e Brent sono gli insistenti rumors sulla possibilità di avere un accordo per il cessate il fuoco, rumors che sono stati confermati anche dal Segretario di Stato degli Stati Uniti d’America Antony Blinken. Si parla di accordo in vista, per quanto manchino ancora firme e conferme. Tanto è bastato però per spingere il prezzo del greggio al ribasso.

Un accordo di questo tipo farebbe venire meno una delle principali preoccupazioni che hanno attanagliato le contrattazioni sul greggio dall’inizio delle ostilità a Gaza, con la preoccupazione principale che è stata, fino a oggi, l’eventuale allargamento del conflitto fino a coinvolgere diversi dei principali paesi produttori di greggio. Ipotesi che sembrerebbe essere per il momento scongiurata proprio dall’accordo che potrebbe essere in dirittura d’arrivo, almeno secondo le fonti governative USA.

Siamo ad un passo dalla meta: parla Antony Blinken

Antony Blinken, Segretario di Stato USA, si è sbilanciato in modo importante nella giornata di venerdì, parlando di trattative che sarebbero ormai nella linea dei 10 yard, facendo riferimento al football americano e all’ultimo tratto di campo che tocca percorrere prima di andare a meta. L’accordo, sempre secondo quanto riportato da Blinken alla stampa, finirebbe per produrre sul breve un cessate il fuoco, che sarebbe rinforzato dalla restituzione degli ostaggi e che costruirebbe una base sulla quale sviluppare accordi più articolati.

La notizia ha avuto degli effetti importanti sul mercato, con il greggio che è stato l’asset maggiormente colpito dalle ottimistiche previsioni di Antony Blinken. Le contrattazioni di venerdì hanno annullato completamente quello che è di fatto il premium geopolitico con il quale il greggio è stato scambiato nel corso delle ultime settimane, almeno in relazione al conflitto di Gaza. Le preoccupazioni di un potenziale allargamento del conflitto, fino al coinvolgimento di diversi dei paesi produttori di petrolio dell’area, aveva infatti creato tensioni sul prezzo del greggio che però, per ora, sembrerebbero essere almeno parzialmente rientrate.

La questione riguarderebbe poi indirettamente anche la situazione nel Mar Rosso: un eventuale accordo coinvolgerebbe per quanto in obliquo anche l’Iran e di conseguenza anche gli Houti, che potrebbero cessare gli attacchi alle navi in transito o comunque ridurne frequenza e intensità. Una buona notizia dunque per i mercati del petrolio in primis, con il prezzo al barile che ha chiuso la settimana di poco sopra gli 80 dollari USA.

Altre questioni ancora aperte?

Quella di Gaza non è l’unica situazione che rimane aperta sul fronte del petrolio. La guerra tra Ucraina e Russia sembra essere lontana dalla conclusione e dunque ancora distante dal poter rimuovere l’altro premium geopolitico sui prezzi del greggio.

Secondo quanto è riportato da Reuters inoltre, i mercati avrebbero reagito anche ad una presa di coscienza da parte del Partito Comunista Cinese in relazione agli importanti e ambiziosi obiettivi economici per il 2024. Una presa di coscienza che conferma un potenziale rallentamento dell’economia cinese, che per dimensioni può avere un impatto importante anche sulla domanda di greggio.

Una combinazione di fattori che dovrà però fare anche i conti con l’ottimismo negli USA per un soft landing che sembra essere a portata di mano. E che potrebbe fare da contraltare alle notizie che vogliono un petrolio meno desiderabile sui mercati.

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