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Giappone: PIL giù del 2,1%: Tokyo alle strette
È un disastro per l’economia giapponese, e lo è fuor di metafora. L’economia di Tokyo vede il suo Prodotto Interno Lordo scendere del 2,1% anno su anno e dello 0,5% mese su mese, molto al di sotto di aspettative che erano comunque già in territorio negativo. Si tratta di una notizia terribile per Tokyo e anche per la sua banca centrale, che dovrà affrontare un percorso ancora più in salita rispetto al preventivato per il ritorno a condizioni di normalità anche sul fronte dei tassi e degli stimoli all’economia.
Una contrazione dunque maggiore di aspettative già piuttosto basse, che ricorda ai mercati dei veri problemi che le principali economie del pianeta saranno costrette a affrontare, tra le altre cose con mezzi che sono stati spuntati da anni di politiche dissennate in termini monetari. Per Tokyo, per la sua economia e per la sua banca centrale, l’outlook si fa molto più cupo di quanto già lo fosse.
La maggiore contrazione dal 2022
Consumi bassi, investimenti capitali negativi e ora anche il Prodotto Interno Lordo che fa registrare anno su anno una contrazione superiore al 2%. La situazione è d’altronde quella che è e che abbiamo descritto più volte su queste pagine: yen debole nonostante il piano a tutela del suo valore sulle principali piazze internazionali, e nonostante i piani di stimolo all’economia che molti economisti e analisti avevano già individuato come pienamente insufficienti.
C’è però un’altra questione: gli stimoli costano, direttamente e indirettamente, e non vi è alcuna buona ragione per credere che possano andare avanti impunemente all’infinito senza che ci siano delle serie conseguenze per la tenuta economica del paese che li spinge. Serie conseguenze che in Giappone assumono anche la forma di un’inflazione difficile da combattere e che sarà ancora più difficile da affrontare in futuro senza gli strumenti ortodossi di politica monetaria.
In questo quadro va anche considerato quanto i mercati hanno ritenuto essere un passo verso il ritorno a una normalità costosa: la rimozione dell’ennesimo cap che era quintessenziale al funzionamento della YCC. Segni di debolezza di Bank of Japan e – di concerto – del Ministero delle Finanze, ormai nell’angolo e con unico strumento l’effetto annuncio di misure che poi non possono arrivare, almeno nelle proporzioni indicate e minacciate dai piani alti dell’economia giapponese.
Fare i conti con i tassi
I mercati prezzano un ritorno in territorio positivo per i tassi giapponesi già dal prossimo anno, rialzo dei tassi che però sarà complicato da una situazione economica che dovrà essere, per quanto con mezzi parecchio spuntati, gestita nel miglior modo possibile.
Nel frattempo Nikkei 225 fa registrare una crescita importante, così come tutte le principali piazze asiatiche, che si godono un’inflazione USA inferiore alle aspettative, con il rallentamento dell’economia giapponese che non sembra essere di grande preoccupazione per i principali titoli della borsa giapponese.
Nel frattempo lo yen si trova ancora sopra quota 150, quota ormai che sta diventando abituale per una valuta la cui debolezza sta contribuendo all’inflazione che si fa registrare dalle parti di Tokyo.
L’equilibrio è impossibile o quasi: da un lato vi è necessità di tornare in territorio di tassi positivi per limitare l’inflazione, dall’altro terminare quello che è a tutti gli effetti un piano di stimolo sempiterno, rischia di affossare ancora di più un’economia che mostra segni di cedimento importanti.
Le evoluzioni dei prossimi giorni sui mercati sono incerte. L’unica certezza è che nessuno vorrebbe trovarsi nei panni di Kazuo Ueda, chiamato a decidere tra due mali, nessuno dei quali al momento appare come minore. È un segnale chiaro per chi crede che la gestione alla giapponese possa essere un traguardo di politica economica accettabile.